Le informazioni fornite dagli assetti spaziali sono ormai irrinunciabili per ogni servizio terrestre. E se il flusso di dati cresce a dismisura, servono tecnologie in grado di gestirlo, processarlo e renderlo fruibile a chi deve prendere decisioni. Tutto questo è ancora più vero se si parla di difesa e intelligence, per cui le informazioni rappresentano un’esigenza strategica e operativa. Appare dunque fondamentale che l’industria e la Difesa si interfaccino con costanza, e che la prima comprenda le esigenze della seconda per fornirle sistemi idonei all’assolvimento dei suoi compiti. È quanto emerso dalla tavola rotonda “Le soluzioni Esri al servizio della Difesa: prospettive e best practice” che si è tenuta a Roma nel corso della seconda giornata dalla Conferenza Esri Italia 2018, e che è stata organizzata con il patrocinio dell’Armed Forces Communications & Electronics Association (Afcea).
TUTTI ALLO STESSO TAVOLO
Il problema di partenza è l’enorme quantità di dati a disposizione, un fattore destinato a crescere in modo esponenziale. Per poterli utilizzare efficacemente, essi devono essere trattati e trasformati in informazioni utili ai decisori. “In questo processo – ha spiegato il cco di Leonardo Lorenzo Mariani – la generazione, l’elaborazione e l’exploitation sono fasi diverse che richiedono expertise differenti”. L’obiettivo deve essere quello di far sedere allo stesso tavolo i soggetti coinvolti. “Da chi si occupa di generare le informazioni, come Telespazio, a chi agisce da integratore, come Leonardo, a chi produce un oggetto utilizzabile, come Esri, fino a chi si occupa del sistema di supporto”. Eppure, ha aggiunto il manager, ciò “non è sufficiente, poiché serve che allo stesso tavolo sieda anche l’utente”, ovvero la Difesa.
UN FUTURO IN CONTINUA EVOLUZIONE
I benefici che se ne potrebbe ricavare sono molteplici, pur considerando come le tecnologie geospaziali siano in continua evoluzione, ha notato l’ad di Telespazio (joint venture Leonardo-Thales) Luigi Pasquali. Assistiamo a “una disponibilità crescente di assetti spaziali – ha detto il manager – che introduce una componente a cui non siamo abituati: alla precisione e alla accuratezza, per cui il sistema italiano Cosmo-SkyMed rappresenta ancora oggi un’avanguardia, seppur in vista della sua seconda generazione, si aggiunge una capacità di rivista molto migliore”. In altri termini, “costellazioni di piccoli satelliti ad altissima numerosità ci permetteranno di osservare con frequenze sempre più elevate, fino ad avere la capacità di vedere lo stesso punto a distanza di minuti, e questo è un passaggio fondamentale che consente a Difesa e intelligence di aprire la sorveglianza”, ottenendo “una migliore comprensione del fenomeno”, fino all’obiettivo finale: “la persistenza dell’osservazione”. Eppure, i piccoli satelliti non sostituiranno i grandi assetti. Parallelamente, ha spiegato Pasquali, “continueranno a migliorare le prestazioni e l’accuratezza delle grandi infrastrutture e delle tecnologie che portano a bordo, dall’ottica ai radar (di cui noi italiani siamo pionieri), fino ad arrivare a isolare e comprendere dallo spazio la tipologia di materiali osservati”, evitando dunque di essere confusi da eventuali carri armati gonfiabili, espediente che pare sia già stato usato dai russi per confondere sgraditi osservatori. Così, ha concluso Pasquali, l’integrazione tra grandi assetti sempre più sofisticati (ad esempio con l’iperspettrale) e costellazioni di piccoli satelliti, “offrirà una disponibilità di dati straordinaria”.
IL DIALOGO TRA INDUSTRIA E DIFESA
L’esigenza di un dialogo costante tra Difesa e industria è stata evidenziata anche dal contrammiraglio Giovanbattista Raimondi, appartenente al VI Reparto “Sistemi C4I e Trasformazione” dello Stato maggiore della Difesa. “Gli strumenti geospaziali – ha spiegato – sono sicuramente utili per gestire la complessità di dati su cui si basano i nostri processi decisionali”. Quello che serve è “una sorta di patto tra utente e industria impegnata nel settore; dobbiamo spingere l’impiego di tali tecnologie al di là del loro utilizzo in analisi e intelligence, verso ambiti in cui non vengono attualmente impiegati”. L’idea, ha spiegato, “è un patto win-win con l’industria affinché si impegni a fornire strumenti che siano di utilità per noi, al fine di ottenere risultati in termini di costo-efficacia”.
Si è detto d’accordo il colonnello Michele Antonio Galantino del recente costituito VI Reparto “Logistico” dello Stato maggiore dell’Esercito, nato dall’esigenza di accentrare tutte le funzionalità C4 (comando, controllo, comunicazione e computer). “L’esercito è impegnato nella digitalizzazione dello spazio di manovra in ambito tattico”, ha spiegato il colonnello. In tal senso, “la collaborazione con Esri è importante”, così come lo sono i dati geospaziali “per la pianificazione della missione, e quindi lo studio del terreno, ma anche per la fase condotta, e dunque il monitoraggio delle unità amiche”.
OBIETTIVO: SITUATIONAL AWARENESS
Una focus, quello sulle informazioni nei moderni contesti operativi, già ribadito dal capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Enzo Vecciarelli, come ha ricordato nel corso dell’evento romano il generale Giandomenico Taricco, capo del IV Reparto “Logistica” SMA. Il generale Vecciarelli “ha dato una grossa sterzata in Aeronautica, credendo che la nostra Forza armata possa essere strumento importante per l’obiettivo della situational awareness”, ha detto Taricco. E in questo campo, “la sfida non è semplice”. E se “Esri è un facilitatore incredibile”, il rammarico è che lo sviluppo di nuove tecnologie possa essere rallentato dalla “mancanza di risorse, finanziarie e umane”. Per evitarlo, ha aggiunto il generale, “dobbiamo imparare a lavorare assieme, a fare sistema, anche riducendo il numero dei progetti ed evitando duplicazioni”. Serve cioè “una cultura del lavoro in team, al fine di arrivare a un prodotto che sia utile per tutti, non solo per i militari, ma anche per il civile”.
IL CONTESTO EUROPEO
Ma tale logica può essere applicata anche al contesto europeo, ha evidenziato Giuseppe D’Amico vice direttore dell’European Union Satellite Centre (SatCen), “nei fatti un’agenzia di intelligence” che ha il compito di “coprire le esigenze di informazioni geospaziali, non solo in ambito difesa”. L’utilità di questo tipo di dati è ormai assodata. “In pochi anni – ha spiegato D’Amico – la richiesta a SatCen è moltiplicata per sei, a dimostrazione dell’esigenza di poter accedere alle informazioni”. Certo, il problema potrebbe essere l’enormità dei dati a disposizione, a fronte di un numero di analisti limitato”. Il futuro sembra dunque l’intelligenza artificiale, a cui affidare “lo screening di dati per poi lasciare l’ultimo step all’essere umano per l’analisi definitiva”. In tutto questo, ha concluso il vice direttore di SatCen, la sfida è rappresentata dalla “maggiore condivisione dei dati in Europa”.