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Piaggio Aerospace, tra rilancio e droni militari, spiegata dall’ad Renato Vaghi

Nessuna entità è stata individuata per la cessione del ramo motori e non c’è nessun programma per l’ingresso di Leonardo nella società. Intanto, per i droni militari si attendono sei consegne del P.1HH prima della fine dell’anno, con l’attenzione già rivolta al suo successore, il P.2HH, per cui il Parlamento sta discutendo un programma di acquisto da 766 milioni di euro. È questa la situazione dell’azienda aeronautica Piaggio Aerospace, spiegata dal ceo Renato Vaghi, intervenuto di fronte alle Commissioni speciali di Camera e Senato proprio nell’ambito dell’esame dello Schema di decreto ministeriale per il programma di acquisto di 20 P.2HH, realizzati insieme al campione nazionale Leonardo. Nel frattempo, le due società stanno discutendo sulla governance del programma, che probabilmente avverrà tramite “un raggruppamento temporaneo di impresa che vedrà come capi commessa Piaggio e Leonardo”, con uno “share delle attività suddiviso all’incirca 50%”.

LA SITUAZIONE DI PIAGGIO

“Piaggio Aerospace è un’azienda patrimonialmente sana e priva di debiti”, ha esordito Vaghi di fronte ai deputati e senatori delle Commissioni speciali. Con circa 1.100 dipendenti (divisi tra gli stabilimenti di Villanova d’Albenga e Genova), l’azienda ligure è di proprietà del fondo emiratino Mubadala, che ha fatto il suo ingresso nel 2014 acquisendo il 100% l’anno successivo. Dopo un processo di trasformazione che lo stesso Vaghi ha definito “non indolore”, il Piano industriale lanciato a fine 2017 si è basato su tre pilastri: “la riacquisizione del debito che avevamo contratto nel 2007 per un valore totale di 200 milioni di euro; l’apporto finanziario da parte dell’azionista Mubadala del valore di oltre 250 milioni di euro mediante finanziamento soci, poi convertito in capitale sociale; e il riscadenziamento del debito nei confronti della società Leonardo, del valore di circa 115 milioni e tutto relativo allo sviluppo del programma HammerHead (i droni militari, ndr) di cui Leonardo è nostro partner principale”.

IL BILANCIO E L’INGRESSO DI LEONARDO

A giorni, ha annunciato il ceo, “pubblicheremo il bilancio 2016 ed entro questo mese chiuderemo anche il 2017″. La situazione descritta pare però positiva: “Nel 2015 avevamo circa tre velivoli in assemblaggio, oggi ne abbiamo 20 con ulteriore prospettive di crescita”. Smentite poi le voci che volevano un possibile ingresso dell’azienda di piazza Monte Grappa nella società ligure: “In questo momento non c’è una operazione che prevede l’ingresso di Leonardo in Piaggio, il che vuol dire che non ci sarà in futuro”, ha detto Vaghi.

GLI AVANZAMENTI SUL P.1HH

Dal punto di vista industriale, “abbiamo scelto di concentrarci sulla produzione velivolistica, militare e civile, sul completamento del P.1HH sul turboelica civile e P.180 Avanti Evo”, per cui l’ad ha annunciato, proprio ieri, quattro nuovi ordini dall’inizio dell’anno. Per quanto riguarda il P.1HH, il programma è sostenuto quasi interamente dagli Emirati Arabi Uniti. “Consegneremo in estate due macchine – ha rimarcato il ceo – ed entro la fine dell’anno consegneremo sei velivoli e tre stazioni di controllo a terra”. Poi, “in l’autunno, inizieremo la fase di addestramento degli equipaggi e del personale di terra e, nella prima parte del prossimo anno, contiamo di mettere l’Aeronautica militare degli Emirati Arabi nella condizione di iniziare l’esperienza operativa del P.1HH: il primo prodotto europeo di questa classe a raggiungere tale traguardo”. La piattaforma non è nata su uno specifico requisito dell’Aeronautica italiana (a differenza del suo successore) “e questo è il motivo per cui la nostra Forza aerea non lo ha acquisito; tuttavia, la piattaforma ha già registrato l’interesse delle Aeronautiche militari di molti altri Paesi, con cui auspichiamo di avere un dialogo fruttuoso anche con il supporto del nostro governo”, ha detto l’ad.

Il PROGRAMMA P.2HH

“L’esperienza fondamentale acquisita con il programma P.1HH da una filiera produttiva largamente europea, ma sostanzialmente italiana”, è la base di partenza per il P.2HH, aeromobile a pilotaggio remoto della categoria Male (Medium altitude long endurance), destinato a potenziare le capacità di intelligence, sorveglianza e riconoscimento delle Forze armate italiane. Il programma in fase di discussione nelle Camere (su cui è intervenuto alcune settimane fa il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Enzo Vecciarelli) vale 766 milioni di euro per l’acquisizione di 10 sistemi (ciascuno costituito da due velivoli, una stazione di comando e controllo e il relativo supporto logistico integrato) fino al 2032. La stessa somma verrà versata dagli Emirati, frutto di un accordo governativo tra i due Paesi che hanno redatto un requisito congiunto. Il programma si svolgerà all’interno di “un raggruppamento tecnico di aziende, la cui forma non è stata ancora decisa nel dettaglio; ne stiamo discutendo con Leonardo con l’obiettivo non appesantire la filiera ma di offrire un’interfaccia unica al committente”, ha spiegato Vaghi. “La gestione della governance – ha aggiunto rispondendo alle domande – sarà probabilmente tramite un raggruppamento temporaneo di impresa che vedrà come capi commessa Piaggio e Leonardo e lo share delle attività verrà suddiviso all’incirca al 50% tra le due dove, presumibilmente, Leonardo continuerà a lavorare sullo sviluppo dei sistemi e degli equipaggiamenti e Piaggio si occuperà dell’integrazione della piattaforma e dello sviluppo complessivo”.

LE RICADUTE

“Con questo investimento, il sistema-Italia si assicura lo sviluppo e la proprietà di tecnologie che hanno un valore aggregato di oltre due miliardi di euro”, ha detto il ceo di Piaggio Aerospace. Il ritorno occupazione vale “400 persone direttamente impegnate, in una filiera produttiva che offrirebbe oltre 1.200 posti di lavoro, essenzialmente italiani”. Non perseguire questa strada, ha rimarcato, “metterebbe l’azienda in una posizione complessa nel medio-lungo termine e priverebbe della possibilità di uno sviluppo anche tutto il resto del nostro ecosistema industriale”.

LA CESSIONE DEL RAMO MOTORI

Resta aperto il capitolo cessione. Ad ora, “siamo una società completa”, nonostante l’anomalia di “gestire velivoli e motori, che hanno dinamiche di mercato e tecnologie completamente diverse”. Eppure, “oggi Piaggio non ha effettuato alcuna cessione di ramo d’azienda, se ne è discusso e abbiamo cercato di valutare le opportunità di crescita; esiste la possibilità che il ramo dei motori venga ceduto a una parte terza che oggi non è stata individuata – ha spiegato Vaghi – non siamo nella fase finale di una discussione; stiamo parlando con potenziali entità industriali interessate a rilevarla”, ma con due vincoli: “che tutte le attività vengano conservate a Villanova d’Albenga e che l’occupazione venga conservata”. Inoltre, “questa operazione viene gestita di comune accordo con la Difesa, che è il principale cliente”.

Sul tema, era difatti intervenuto anche il generale Vecciarelli: “Auspico quanto prima che si facciano avanti dei possibili acquirenti dalla divisione motori, perché questa ci è vitale ed è un bene prezioso per l’Italia come assetto strategico”, aveva detto ricordando la manutenzione dei motori dei velivoli 339 e degli elicotteri 129 dell’Esercito, affidata a Piaggio.

LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEL P.180

E il governo era invece intervenuto a ottobre 2017 su un’altra operazione di vendita, questa concernente la produzione civile. Su proposta del ministro della Difesa Roberta Pinotti, il Consiglio dei ministri aveva fatto ricorso al golden power sulla cessione del ramo Evo dell’azienda alla cinese Pac Investment. L’ipotesi è ancora in ballo. Si tratta di “un’operazione che stiamo considerando con attenzione per le significative opportunità di sviluppo in un’area del mondo che oggi sta completamente cambiando le proprie regole di gestione dell’aviazione di affari”. Nello specifico, si realizzerebbe “una transazione che crea un’altra azienda italiana, che gestisce la proprietà intellettuale del P.180 e delega a Piaggio Aerospace la costruzione dei velivoli”, ha spiegato il manager. Così, “nascerebbe una collaborazione industriale che, per la natura dei potenziale investitori, ci potrebbe aprire un mercato importante come quello dell’Estremo oriente, che vorrebbe dire – ha concluso – decine, se non centinaia di macchine prodotte nei nostri stabilimenti”.


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