Dall’euro, come dalla Unione Europea, non si torna indietro. Ritengo che i costi dell’uscita da entrambi sarebbero ben più elevati dei benefici. Ci sono al riguardo ricerche e studi nazionali e internazionali che li quantificano. Aggiungo che il nuovo governo sarà chiamato a negoziare prossimamente il completamento dell’architettura finanziaria della moneta unica.
Sarà necessario proporre modalità e strumenti che rendano più solida l’architettura stessa. C’è un principio sul quale si sta discutendo da mesi e che influenzerà le discussioni di fine giugno a Bruxelles dei Capi di Stato ed è il principio della condivisione dei rischi finanziari, che ha bloccato il completamento della Unione Bancaria. La Germania è contraria a tale principio, e la sua opposizione non fa andare avanti il negoziato. La Francia sembra favorevole, e il nuovo governo italiano potrebbe rafforzare la posizione francese a sostegno dell’avvio del Fondo di Tutela dei Depositi Bancari.
Ma questo non è sufficiente. Si può dire che si tratta di una condizione necessaria, importante e fondamentale. Ma per rafforzare la stabilità dell’euro servono nuovi istituti fiscali europei, senza i quali la moneta unica rimane a rischio, specie quando nel 2019 terminerà la politica monetaria del Qe.
Sono in discussione alcune proposte che dovrebbero trovare modi e tempi per essere approvate: un Bilancio Europeo in grado di raccogliere risorse proprie, un Fondo Monetario Europeo, in grado di intervenire in caso di shock asimmetrici, un ministro Europeo delle Finanze, in grado di amministrare le risorse dell’Unione a fini sociali ed economici. Se tali istituti fossero introdotti, la politica monetaria della Bce sarebbe affiancata da una politica fiscale europea, e si completerebbe il quadro degli strumenti di politica economica a breve termine.
Ma la politica economica non si può limitare al breve termine. Deve poter guardare al medio termine, proponendo iniziative che rafforzino l’economia europea nei suoi fondamentali di produttività, competitività ed equità. Sono in discussione un Fondo per la Disoccupazione, nuove regole per l’ immigrazione, nuove iniziative per rafforzare la sicurezza interna e la lotta al terrorismo. A questi temi, su cui si gioca a livello sociale in tutta Europa una partita decisiva per il futuro della stessa Unione, va aggiunto un Piano europeo di investimenti in grado di ridurre le diseguaglianze e gli squilibri non solo fra stati ma anche al loro interno.
La Germania, come Paese leader, ha una grande responsabilità nei confronti dell’Unione. Oggi più che in passato le viene richiesto di farsene carico, e di condividere un processo credibile di attuazione.
Facilitare questa scelta sarà compito anche del nuovo governo italiano.