Dopo giorni di ambasciate e ambasciatori, Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani ieri si sono incontrati per discutere – in primis – del prossimo candidato al Quirinale visto che sulla formula di governo le diversità di vedute sono ancora notevoli.
Dove e con chi si sono visti
Alle 17, dunque, il Cavaliere ha varcato uno degli ingressi laterali di Montecitorio (quello da via dell’Impresa) ed è salito nelle stanze della commissione Trasporti al quinto piano per vedere il segretario democratico.
In realtà si sarebbe trattato di un incontro in due momenti: una prima fase ‘allargata’ – alla presenza di Enrico Letta e Angelino Alfano – e una seconda in cui B.&B. sarebbero rimasti da soli.
Dossier Quirinale
Un colloquio durato complessivamente oltre un’ora che – al netto delle comunicazioni ufficiali rispettivamente di Letta e Alfano – viene definito ‘interlocutorio’, tipica parola del politichese che si usa per dire che non è andato bene, ma neanche troppo male, di certo che non è stato ‘risolutivo’. Infatti i due si dovranno rincontrare, probabilmente più a ridosso del 18 aprile, giorno in cui cominceranno le votazioni per il presidente della Repubblica. Nel frattempo la manifestazione del Pdl prevista per sabato a Bari sarà all’insegna dei toni soft.
Il parziale accordo Berlusconi-Bersani
Niente presidenti ‘a-politici’, sarebbe questo il primo, parzialissimo, accordo che avrebbero raggiunto questa sera Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi, secondo l’agenzia Tm News. Un’indicazione di metodo, per garantire che il nuovo capo dello Stato sia una figura inesperta di dinamiche istituzionali, ma anche una decisione che avrebbe delle implicazioni assolutamente politiche, perché taglierebbe fuori tanti nomi come gli ex presidenti della Consulta, come i nomi tipo Stefano Rodotà o Gustavo Zagrebelsky capaci sì di intercettare voti grillini ma indigeribili per il Cavaliere. Per carità, nessun accordo ancora, è prematuro, di governo si sarebbe parlato molto poco, il tema avrebbe subito complicato tutto, però qualche punto fermo sarebbe stato fissato: il Pdl, per esempio, sembra disposto a rinunciare ad un nome di centrodestra, a patto che la rosa di nomi sia composta solo di nomi capaci di garantire “l’unità nazionale”. Se poi si trattasse di una donna, tanto meglio. Certo, resta la difficoltà di un accordo sul governo, ma questo tema verrà affrontato in seguito.
Il profilo migliore
Il profilo tracciato ieri prevede quindi nomi non indigeribili per il Pdl, con una profonda conoscenza dei meccanismi di governo, Parlamento e Csm-Consulta: un identikit che può portare a Giuliano Amato, Franco Marini, Emma Bonino, Anna Maria Cancellieri, per esempio. Assicurano dal Pd che non sono stati fatti nomi durante l’incontro, ma questi sono i profili che girano nelle chiacchiere di Palazzo. E se si aggiunge che il nuovo presidente dovrebbe possibilmente essere un nome di garanzia per l’Europa e l’estero e non risultare troppo espressione della ‘casta’, ecco che il nome di Emma Bonino sembra quello più forte.
Il ruolo di Enrico Letta e Angelino Alfano
Ma, appunto, si tratta solo del pre-partita. Berlusconi e Bersani hanno parlato prima a quattr’occhi, per poi aprire la riunione anche a Enrico Letta e Angelino Alfano. Bersani, nel colloquio a due, avrebbe spiegato chiaramente al Cavaliere che il Pd ha un confine invalicabile, quello delle ‘larghe intese’.
L’insoddisfazione parziale di Berlusconi
Pare tuttavia che al suo rientro a palazzo Grazioli Silvio Berlusconi non si sia mostrato particolarmente soddisfatto dell’esito. Nessun problema dal punto di vista umano, sia chiaro.
Ma restano degli scogli nella definizione della doppia partita Quirinale e governo. Non a caso da entrambe le parti si affrettano a dire che si sarebbe parlato solo dell’elezione del prossimo capo dello Stato. Le comunicazioni ufficiali, infatti, concordano sostanzialmente sulla necessità di cercare un nome che sia il più condiviso possibile, di alto profilo e garante di unità. Angelino Alfano è ancora più esplicito: non può essere “ostile” al Pdl. Berlusconi, insomma, avrebbe chiesto garanzie sul fatto che non spunti un nome alla Prodi e nemmeno alla Zagrebelsky, per strizzare l’occhio ai grillini. Dal Pdl si mostrano fiduciosi che queste candidature ritenute più ostili non saranno caldeggate dal Pd. Preferendo soluzioni mediane come quelle che possono essere Franco Marini, Giuliano Amato (secondo il Corriere più gradito a settori del Pdl) o Giuseppe De Rita (nome fatto da Repubblica di oggi). Mentre il quotidiano il Giornale sostiene che avanza una candidatura bipartisan come quella del ministro della Giustizia, Paola Severino, mentre resta sempre valida secondo alcuni osservatori il nome di un altro ministro donna: Anna Maria Cancellieri, titolare dell’Interno.
Governo ancora in panne
Ma è sulla questione della formazione del governo che la discussione si sarebbe arenata, facendo convenire sulla necessità di un ulteriore incontro. Ancora una volta il Cavaliere avrebbe spiegato che, in virtù del suo 30% di consensi e dei milioni di voti ottenuti alle elezioni, al Pdl va garantito un peso specifico. E questo si può tradurre in due modi: o presidente della Repubblica espressione del centrodestra oppure un capo dello Stato non ostile ma accompagnato alla nascita di un governo in cui il Pdl sia rappresentato. Ed è proprio questa la questione che Bersani è sembrato poco propenso ad affrontare, invitando il Cavaliere a cercare prima un’intesa sul nome del prossimo inquilino del Colle e poi ad occuparsi del nodo governo.
La versione del Cav.
L’ex premier – viene spiegato – a sua volta avrebbe cercato di convincere il segretario Pd dell’opportunità di appoggiare larghe intese e di dare vita a un governo che abbia una durata almeno di qualche anno. D’altra parte – avrebbe sottolineato – quell’esecutivo potrebbe essere guidato dallo stesso segretario democratico ed evitare quel ritorno alle urne che vedrebbe l’arrivo prepotente in campo di Matteo Renzi. Insomma, il Cavaliere spera che con il passare dei giorni – e vista la debolezza di Bersani all’interno del suo stesso partito – il segretario venga a più miti consigli. Di converso, il numero uno democrat sa che quella del voto in estate e un’arma che rischia di essere spuntata vista la ristrettezza della finestra temporale, e che sia il Cavaliere – una volta nominato un ‘garante’ sul Colle – ad abbassare le sue pretese, magari accontendadosi di tecnici d’area e consentendo la nascita di un governo di scopo. Il Cavaliere tornerà a fare il punto della situazione questa sera in una nuova riunione a palazzo Grazioli con i vertici del partito.