La tenaglia della crisi, che deprime i redditi ed erode i patrimoni, ha fatto strame del risparmio italiano, ormai ridotto ai suoi minimi storici, sia come stock, che come propensione annua.
L’Istat di recente ha certificato che la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici, nel 2012, si è fermata all’8,2%, a fronte dell’oltre 12% registrato nel 2008.
Un calo di quasi il 40% in quattro anni.
Tale propensione misura la differenza fra il reddito totale lordo e la spesa lorda per consumi. La circostanza che il risparmio sia crollato, quindi, può voler dire che i cittadini hanno consumato di più o che hanno guadagnato di meno.
Nel caso nostro è successo che, mentre il reddito lordo è rimasto più o meno costante (circa 250 miliardi a fine 2006, poco più di 257 nel 2012) è crollato il potere d’acquisto. In particolare le famiglie consumatrici hanno subito un dimagrimento forzoso via inflazione.
Il potere d’acquisto, infatti, valeva 246 miliardi a fine 2006, a fronte di una spesa per consumi finali di 217 miliardi.
A fine 2012, invece, il potere d’acquisto era crollato a 220 miliardi, mentre la spesa finale era salita a 236. Le famiglie hanno perso oltre il 10% di potere d’acquisto a fronte di un incremento di circa l’8% dei consumi.
In pratica, a fronte di un reddito lordo stagnante, i redditi reali si deflazionano mentre i prezzi di beni e servizi salgono. L’Istat infatti nota che solo nel 2012 il potere d’acquisto è diminuito del 4,8% sul 2011: un record.
Quindi non si consuma di più, ma si spende di più per gli stessi consumi. Una differenza sottile, ma rilevante.
La distruzione del risparmio italiano passa anche per l’assottigliamento clamoroso della ricchezza finanziaria patita dalle famiglie negli ultimi anni, che ci racconta l’ultimo bollettino statistico della Consob.
Dovendo coprire quote crescenti di spesa per consumi con redditi insufficienti, gli italiani attingono alla loro ricchezza finanziaria, peraltro falcidiata dalla crisi che ha fatto dimagrire i corsi di azioni e obbligazioni.
I numeri sono notevoli. Dal secondo trimestre 2010 al terzo trimestre 2012 la clientela retail, ossia i cittadini, ha perso 716 miliardi di ricchezza finanziaria, passando da 1.985 miliardi a 1.269.
Un terzo della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane, il 36%, è andato letteralmente in fumo.
Il dimagrimento ha riguardato tutte le diverse classi di investimento, quindi i titoli di borsa, le obbligazioni corporate e quelle di stato. Giusto per dare un’idea: nel 2010 i cittadini detenevano 431 miliardi di titoli di stato. Nel 2012 solo 265.
In controtendenza col dato retail, quello della clientela professionale, ossia gli operatori finanziari più o meno qualificati. Che, al contrario dei semplici cittadini ci hanno guadagnato.
Nel 2010 avevano asset per un valore di 1795 miliardi, nel 2012 avevano superato i 1.900. Lasciamo a persone di sicuro più qualificate di noi la spiegazione di tale controtendenza. Sottolineiamo solo che gli asset denominati in titoli di stato italiano sono aumentati nel biennio da 588 miliardi a 786.
A questo punto, per risparmiarvi l’eurodepressione che di sicuro vi avrà colpito, chiuderemo in bellezza con un dato tratto dalla comparazione internazionale svolta pochi giorni fa dalla Banca Centrale europea sulla ricchezza delle famiglie dell’eurozona. E’ una lettura molto illiminante, sulla quale torneremo.
Ma intanto accontentiamoci di un paio di dati che ci riguardano.
Il primo: nell’area euro il 43,7% delle famiglie è indebitato, mentre in Italia si registra il valore più basso, pari al 25,2%.
Il secondo: nell’area euro Italia e Spagna sono i paesi che presentano una ricchezza finanziaria media pro capite più alta, a quota 108.000 euro. Seguono la Francia, con 104.100 euro. E la Germania, con 95.500.
Purtroppo lo studio Bce è riferito a dati 2010 e da allora abbiamo visto come sia peggiorata la nostra situazione (insieme a quella della Spagna).
Ricapitoliamo. E’ in corso una distruzione di risparmio senza precedenti nel nostro Paese. Quelli che una volta erano i campioni – ossia noi – di risparmio e ricchezza finanziari netta, sono scivolati drammaticamente verso il basso.
Verso la media europea, viene da dire.
Anzi, stavolta la convergenza con l’Ue sembra garantita: abbiamo ampi margini di peggioramento.