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Lo stato di salute dell’industria del farmaco in Italia

L’industria farmaceutica è leader in Italia per investimenti in ricerca e sviluppo, e svetta come 1° settore hi-tech per export e presenza industriale. Il calo dei consumi, però, mette a rischio l’occupazione farmaceutica nel Paese, con conseguenze ancora più serie per gli addetti R&S e gli studi clinici. Ma anche per la salute dei cittadini, perché più del 90% della ricerca farmaceutica in Italia è sostenuta dalle imprese del farmaco.

A sottolineare l’importanza del settore e i problemi che deve affrontare tra crisi, burocrazia e provvedimenti governativi, è un’analisi di Farmindustria sull’accesso ai nuovi farmaci in Italia.

La spesa farmaceutica nazionale

In Italia la popolazione è più anziana che nell’Ue ma la spesa farmaceutica resta più bassa. In percentuale sul Pil e in procapite la spesa sanitaria in Italia è più bassa di circa il 20% rispetto agli altri grandi Paesi Ue (e del 26% considerando la farmaceutica). Nei prossimi anni poi la spesa pubblica continuerà a ridursi, anche per effetto di ulteriori manovre di spending review, dopo quelle decise dal governo Monti. Il settore ha poi i prezzi più bassi degli altri Paesi e ha un difficile accesso all’innovazione. I ritardi nell’accesso? In totale, oltre 2 anni di tempo. “Un anno è necessario per l’approvazione dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), un altro per quella a livello regionale. Infine, per avere un uso consolidato in ospedale, i mesi richiesti sono almeno altri due”, ha spiegato in una conversazione con Formiche.net il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi.

Per i nuovi farmaci vendite di oltre il 30% più basse

I dati parlano chiaro: le vendite realizzate nel 2012 da nuovi farmaci (prodotti lanciati tra il 2008 e il 2012, valutati a ricavo industria, in termini procapite, sono in media del 32% inferiori agli altri Big Ue, con valori che, all’interno delle classi terapeutiche vedono differenze anche del -71% per i gastro-intestinali,-40% per il cardiovascolare, -39% per gli ematologici.
La minore spesa in Italia rappresenta minori ricavi per le aziende di 550-600 milioni di euro annui.

Le condizioni richieste per l’accesso ai nuovi prodotti

In Italia sono previsti molti più ostacoli per l’accesso ai nuovi prodotti rispetto agli altri Big Ue, tra cui il vincolo, caso unico in Europa, del tetto del prodotto (product spend ceiling), che prevede dei limiti massimi di vendite. Se si vendono più farmaci di quanto stabilito nella fase di contrattazione, la differenza dei ricavi viene restituita dalle imprese al Servizio Sanitario Nazionale. E l’uso viene poi di fatto limitato, come mostra il meno 54% di consumi procapite dell’Italia rispetto agli altri Big Ue. Un dato medio al quale si affiancano valori di circa il meno 90% in aree quali antidiabetici o oncologici, per parlare di quelle con il maggior numero di prodotti. Inoltre, i consumi in Italia sono in parte “finanziati” dalle aziende con questi ripiani dei tetti perciò il gap relativo ai medicinali i cui costi sono effettivamente sostenuti dal Ssn potrebbe essere ancora maggiore.

La produzione della farmaceutica in Italia

Il valore della produzione totale dell’industria farmaceutica è di 26 miliardi di euro di produzione, di cui il 67% è rivolto all’export (17 miliardi). L’Italia è il secondo produttore europeo (dopo la Germania), con 2,4 miliardi di euro di investimenti, dei quali 1,2 in Ricerca (il 12% dell’industria manifatturiera) e 1,2 in impianti ad alta tecnologia. Ma l’Italia è un grande produttore ancor più che un mercato farmaceutico. Per la prima volta negli ultimi 10 anni, il mercato interno è in calo. Negli ultimi 3 anni solo l’export ha sostenuto l’attività produttiva che senza sarebbe diminuita del 10%. E il futuro non riserva buone notizie, con il calo della produzione previsto nei prossimi due anni (-1,5% medio annuo). “Il mercato del Paese per la nostra industria è di 12,2 miliardi – ha sottolineato Scaccabarozzi -. Solo di tasse, contributi e stipendi, versiamo 12,5 miliardi. Il bilancio, quindi, è già positivo. Se avessimo solamente una presenza commerciale? Ci fermeremmo a 4,3 miliardi. La preoccupazione – ha concluso Scaccabarozzi – è quella di assistere ad una delocalizzazione degli impianti industriali, con risvolti drammatici anche a livello occupazionale”.

I provvedimenti legislativi sul settore

Tra il 2006 e il 2011, nove provvedimenti sono intervenuti a dare nuova regolamentazione al settore. Nel 2012 altri 4. Quello che Farmindustria chiede è “un quadro normativo stabile per pianificare gli investimenti. Dal 2007 al 2011 le imprese hanno pagato oltre 11 miliardi per esigenze di finanza pubblica, registrando una spesa farmaceutica pubblica procapite in calo dello 0,8%. Agli 11 miliardi di costi per le imprese nel periodo 2007-2011 se ne sommeranno 4,3 miliardi all’anno in media nel triennio 2012-2014”.

I ritardi dei pagamenti

Ma a bloccare risorse preziose sono anche i tempi di pagamento del Ssn. “Con tempi di pagamento pari a Francia, Gran Bretagna e Germania si libererebbero risorse rispettivamente pari a 2, 3 e 5 miliardi. Maggiori risorse per gli investimenti rafforzerebbero nel medio/lungo termine la competitività delle imprese del farmaco operanti in Italia”, ha sottolineato Prometeia.


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