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Chi vuole usare gli F35 per bombardare il governo? Il ministro Trenta non ci sta

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In attesa di svelare (“presto”) gli esiti della valutazione tecnica promossa sul programma F-35, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta risponde ad alcune critiche arrivate dalle opposizioni, secondo cui l’attuale governo avrebbe proseguito l’acquisto dei velivoli di quinta generazione. I toni sono duri, rivolti alla pancia di un Movimento da sempre ideologicamente contrario al Joint Strike Fighter. Eppure, alla fine, tra le righe, traspare un tentativo di rassicurare esperti e addetti ai lavori, da cui è emersa più di qualche preoccupazione per un eventuale ridimensionamento che avrebbe impatti economici, occupazionali, operativi e di credibilità internazionale.

L’ATTACCO DELLA TRENTA

“In questi giorni leggo presunti articoli o blog che ci accusano di aver proceduto all’acquisto di nuovi F-35”, ha scritto il ministro su Facebook. “Sono falsità” e “c’è chi le dispensa per propria ignoranza (non li biasimo dopo tutto, non è una colpa, ma li invito a leggere e a studiare i documenti) o per manifesta malafede”. Il riferimento è in particolare a “esponenti del Partito democratico”, accusati di “sventolare in giro” dichiarazioni sbagliate. I toni utilizzati sembrano rivolgersi soprattutto all’ala dura del Movimento 5 Stelle, in cui rimane diffusa l’avversione al programma F-35. Non a caso, il post del ministro è stato prontamente ripreso da Fabrizio Ortis, Cataldo Mininno e Daniela Donno, membri della commissione Difesa di palazzo Madama. Ad ogni modo, Trenta ricorda che “i lotti 13 e 14 sono stati impegnati proprio dal Partito democratico”. Quando? “A tre mesi dalle elezioni, pur sapendo che non le avrebbero mai vinte”, aggiunge riportando il link dei contratti siglati dal Pentagono lo scorso aprile. Tra questi, si cita quello aggiudicato a Lockheed Martin per la modifica di precedenti accordi sui lotti di produzione , in virtù degli “aumenti degli ordini” provenienti dalla US Navy e dal governo italiano.

LA VALUTAZIONE

Poi, il ministro ribadisce il lavoro in corso sulla valutazione tecnica già annunciata per il programma. Qui, il messaggio sembra invece volto a rassicurare, visto che da più parti si sono levate voci preoccupate dall’eventuale riduzione della partecipazione italiana. “Sto lavorando con grande senso di responsabilità anche verso l’indotto occupazionale e il comparto delle imprese italiane coinvolte nel progetto”, ha scritto il ministro. E in effetti le perplessità riguardano proprio le ricadute sul sistema produttivo italiano, che subirebbero inevitabilmente un duro colpo nel caso di un nuovo ridimensionamento dopo quello (già avvenuto) da 131 velivolo ai 90 attualmente previsti. Già in quel caso, ha ricordato il segretario generale dell’Aiad Carlo Festucci, “abbiamo avuto un ritorno di lavoro molto più basso”.

COSA MANCA

Eppure, oltre agli aspetti industriali e occupazionali – che coinvolgono soprattutto il sito di Cameri, in provincia di Novara – la valutazione deve tener conto anche delle esigenze operative delle Forze armate, che invece sono sistematicamente ignorate nelle dichiarazioni sull’argomento da parte dell’esecutivo (di recente era stato anche il premier Giuseppe Conte). Questa carenza, quantomeno nelle parole, preoccupa tra gli altri il generale Vincenzo Camporini, vice presidente dell’Istituto affari internazionali e già capo di Stato maggiore della Difesa. “Il governo ha infatti il dovere di garantire l’efficienza delle Forze armate, elemento essenziale della statualità; se tale concetto non è chiaro – ci ha detto – potrebbe essere estremamente preoccupante, in quanto denoterebbe una scarsa chiarezza dei compiti principali dell’esecutivo”. Le Forze armante, ha aggiunto, “rappresentano un pilastro della struttura dello Stato, e se qualcuno pensa di disfarsene o di ridurne le capacità, lo dica chiaramente”.

IL FATTORE DEI COSTI

Ad ogni modo, un altro aspetto da tenere in considerazione sono i costi del velivolo, anche perché i lotti produttivi citati dal ministro sono quelli in cui si prevede l’impennata dei ratei produttivi, anche per la Faco di Cameri. Già ora, il prezzo di un F-35 A è pari 89,2 milioni di dollari, il 5,4% in meno al Lotto 10 “Si tratta – ha detto Camporini – di un costo estremamente inferiore rispetto a ciò che abbiamo pagato per gli straordinari ma costosi Eurofighter”, per lo più considerando l’obiettivo di scendere sotto quota 80 milioni nel 2020.

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