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I vescovi italiani non cambiano. Nonostante l’occasione che aveva dato loro Papa Francesco, hanno deciso che la riforma dello Statuto sarà molto meno rivoluzionaria di quanto ci si potesse attendere. Riuniti a Roma per il Consiglio permanente, i membri della Cei hanno infatti scelto di non aprire all’elezione diretta dei propri vertici. A spiegare il tutto è stato, venerdì, il nuovo segretario generale ad interim, il vescovo di Cassano allo Jonio mons. Nunzio Galantino. L’anomalia che prevede la nomina di presidente e segretario da parte del Papa non sarà sanata: “Le Conferenze Regionali ribadiscono l’importanza che sia salvaguardato il peculiare rapporto tra la Chiesa che è in Italia e il Santo Padre. In questa luce, si ritiene che la nomina del Presidente della Cei debba continuare ad essere riservata al Papa, sulla base di un elenco di nomi, frutto di una consultazione di tutto l’episcopato”, ha detto Galantino. Il che, tradotto, significa che il Pontefice continuerà a indicare il numero uno della conferenza episcopale italiana, scegliendo tra una rosa di nomi molto lunga, “tra i quindici e i venticinque”.

“VOGLIAMO CONSERVARE IL LEGAME CON IL PAPA”

Un numero esorbitante, che Galantino però difende: “Se avessimo ridotto la rosa a tre nomi, ci avrebbero accusato di voler far nominare dal Papa chi vogliamo noi, togliendogli di fatto la possibilità di scegliere”. Tuttavia, ha aggiunto il presule, “non è detto che questo numero non possa ulteriormente ridursi a dieci o cinque. Ne riparleremo alla sessione di marzo. Non c’è alcuna fretta”, riporta Repubblica. Il segretario generale si mostra comunque prudente, e avverte che “se il Papa poi ci dirà che non abbiamo capito e ci chiederà di fare un nome, allora noi lo faremo. Ma al momento ci è piaciuto questo conservare il legame con il Papa“.

IL SEGRETARIO SARA’ SEMPRE UN VESCOVO

Modalità pressoché analoghe anche per l’indicazione del Segretario generale. La maggioranza “che sia un vescovo e che sia nominato dal Papa su una rosa di nomi”. Rilevante è la sottolineatura “che sia un vescovo”, frase che esclude semplici sacerdoti dalla carica. Anche qui, si tratta della conferma di un’anomalia rispetto al resto del mondo.

SVILUPPARE LA COLLEGIALITA’

Cambiamenti in vista, invece, per l’Assemblea Generale. “Le consultazioni hanno fatto emergere una diffusa domanda di revisione delle modalità di lavoro”, recita il comunicato. Nel dettaglio, si invoca “uno snellimento dei punti all’ordine del giorno, un alleggerimento delle sessioni e delle comunicazioni e l’eventuale delega ad altri organi – consiglio permanente o presidenza – di alcune competenze”. E’ molto sentita anche l’esigenza del territorio di essere maggiormente ascoltato. In sintesi, “le conferenze episcopali regionali si avvertono come ambito propizio per l’esercizio della collegialità“. A un patto: “Che questo non vada a scapito dell’unità della conferenza nazionale”, alla quale “si riconosce un ruolo decisivo, quale punto di riferimento per la comunità ecclesiale e per la società, nel suo servizio alla chiesa e al Paese”.

RISPOSTA CAPILLARE AL QUESTIONARIO SULLA FAMIGLIA

Con il Sinodo che si avvicina, il Consiglio permanente si è anche soffermato sul questionario inviato qualche mese fa alle diocesi in vista della preparazione dell’Instrumentum laboris. La risposta, ha spiegato mons. Galantino, è stata ampia, “pronta e capillare”. Emerge innanzitutto “un diffuso interesse per il tema della famiglia e gli interpellati manifestano il desiderio di trovare nel Sinodo indicazioni capaci di sollecitare un rinnovato annuncio del Vangelo del matrimonio e della famiglia, a fronte di problematiche che in maniera sempre più invasiva tendono a scardinare dal punto di vista antropologico i fondamenti della famiglia”. Sul tema è intervenuta in modo dettagliato la conferenza regionale del Nordest, che hanno sottoscritto all’unanimità una Nota pastorale in cui si ribadisce la netta contrarietà all’accantonamento di “padre e madre” e allo stravolgimento del valore e del concetto di famiglia fondato sul matrimonio tra uomo e donna.

Perché non ci sarà alcuna rivoluzione nella Cei

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