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Il segreto della diplomazia è quello di rendere le crisi un esercizio win-win, nel quale ciòè ciascuno abbia qualcosa da guadagnare. A Montreux, tra qualche giorno, assisteremo ad uno dei più complicati e importanti esercizi di diplomazia contemporanei. Gli interessi in gioco sono molti, vista la delicatezza del dossier siriano e le possibili implicazioni in termini geopolitici per tutta l’area del Mediterraneo – Medio Oriente.

IL DOVERE DELL’OCCIDENTE
L’Occidente deve fare in modo che la guerra civile non faccia nuovi morti, ora che l’arsenale chimico di Assad è stato messo in sicurezza e sta per essere smantellato a Gioia Tauro. Ma nelle ultime settimane si è anche alzato l’allarme per la presenza, non più minoritaria, di gruppi terroristici legati ad al-Qaeda che ormai sono la punta più avanzata del fronte dei ribelli.

L’AREA DI CONTROLLO
Il regime siriano ha l’interesse a restare in piedi, magari senza governare in tutto il Paese ma mantenendo il controllo di un’area (che qualcuno ha definito “Alawistan”) che va dalla capitale Damasco al porto di Latakia. I ribelli, stremati da due anni di guerra, fiaccati dalla mancanza di assistenza di armi e di denaro dalla comunità internazionale, sono divisi, sfiduciati e male organizzati ma di certo non vogliono veder sfumare i pochi risultati finora raggiunti sul territorio. I loro nuovi nemici adesso sembrano essere gli islamisti, che puntano a creare un mini-califfato tra Siria e nord Iraq.

FOCOLAI DI CRISI
Su questo scenario nazionale se ne innesta un secondo, regionale, ed un terzo, globale. La regione mediorientale sta vedendo recedere e soccombere il vento del risveglio arabo, in Egitto o in Libia ad esempio. La moltiplicazione dei focolai di crisi crea spazi enormi per l’integralismo fondamentalista, ormai attivo e in armi dalla Tunisia alla foce del Tigri – Eufrate. In Siria Assad si sta proponendo come l’unico argine possible al terrorismo; se ne è convinta perfino la Turchia, dopo aver a lungo lavorato e premuto per la caduta del regime siriano.

L’IMPORTANZA DELL’IRAN
Un attore ormai imprescindibile per non far fallire Montreux è l’Iran, dopo la mano tesa di Obama e Rohani sul dossier nucleare. L’Iran vuole un ruolo di Potenza regionale e vuole dire la sua sui dossier di sicurezza dell’area, a cominciare dalla Siria.

L’INTERESSE AMERICANO
Infine, è interesse degli Usa che la crisi siriana si chiuda al più presto e non degeneri in conflitto regionale. Washington non è disponibile ad impegnarsi in nessuna altra guerra nella regione. La Russia è la vera protagonista di questa fase negoziale, con il suo ministro degli Esteri Sergei Lavrov che è stato il vero suggeritore della strategia di Montreux.

LA STRATEGIA DELLA RUSSIA
Lasciare in piedi Assad a Damasco non è solo una vittoria diplomatica per il Cremlino, ma il primo passo di un ritorno strategico di Mosca in Medio Oriente. L’Europa in questi anni ha fatto la propria parte, ma in questi mesi ha fatto troppo poco per arginare la crisi politica, umanitaria o la distruzione dell’immenso patrimonio culturale siriano. In più, oggi si aggiunge il pericolo certificato dalle agenzie di sicurezza che i reduci della guerra siriana presto tornino in Europa con intenzioni e piani distruttivi. Montreux è la grande occasione europea, innanzitutto, e un punto di svolta per far tacere i fucili e i cannoni innanzitutto. Poi si aprirà il grande capitolo dei nuovi assetti geopolitici mediorientali, i cui risultati vedremo solo tra qualche decennio.

Siria, le armi della diplomazia europea a Montreux

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