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Caro direttore,

quando l’amico Alessandro De Nicola per la prima volta mi accennò dell’iniziativa durante una colazione di lavoro nel suo studio milanese, classicamente arredato in perfetto stile british, ricordo che l’idea mi incuriosì ed interessò molto. Mi colpì l’espressione del viso e l’entusiasmo con cui descriveva il progetto di quella che oggi è diventata una associazione liberale e liberista che, come egli stesso ha poi recentemente scritto “crede nell’efficienza dell’economia di mercato, della concorrenza e della libera iniziativa, nello Stato di diritto e nei diritti di libertà, civile, politica, economica”

Posso oggi pubblicamente confessare che, ascoltandolo, inizialmente qualche riserva mi venne spontanea, sebbene non volendo rischiare di urtare la sensibilità del mio ospite, la tenni rigorosamente per me. La mente tornava alle precedenti esperienze di Fare, a quella vissuta in prima persona con Italia Futura, agli entusiasmi seguiti poi da delusioni e, soprattutto, ero timoroso per la permalosità e smania di protagonismo che caratterizza noi liberali, i soliti quattro gatti sempre pronti a discutere tra di loro, a volte persino se il caffè del mattino al bar sia più buono con lo zucchero o senza, rimanendo lì per ore, finendo ognuno sulla propria posizione quando oramai è giunta l’ora dell’aperitivo. Difficile fare proseliti in questo modo.

Tuttavia è nel metodo di lavoro che Italia Aperta rappresenta una novità rispetto al passato. Qui non si tratta di unire alcuni personaggi più o meno noti, raccattare un po’ di denaro per sostenere i costi di qualche convegno e discutere poi su temi generici, magari in maniera dotta e con spirito intellettuale per compiacere i media. Al contrario tutti potranno lavorare su temi concreti, verrà data una pagella che valuterà la bontà dei provvedimenti pubblici basandosi sui parametri internazionali della Banca Mondiale. E si sa, gli atti della pubblica amministrazione, da quelli del governo centrale fino al più piccolo dei comune, incidono sulla vita quotidiana di tutti i cittadini, quindi li interessa da vicino.

In questo, a mio avviso, è la grande opportunità che Italia Aperta: portare alla gente la visione liberale dello Stato, le istanze pro mercato valutando atti concreti e contribuire così ad accrescere in sempre più persone la consapevolezza che, fra tanta confusione generale ed un malcelato tentativo da parte di alcuni di tornare ad uno statalismo devastante, una via alternativa c’è e si dovrà necessariamente percorrere.

Abbandonata quindi ogni perplessità, ecco il motivo per il quale sono tra i primi firmatari, ecco perché occorre augurare buona fortuna e dare il benvenuto Italia Aperta.

Perché Italia Aperta non è il solito club di liberali

Caro direttore, quando l’amico Alessandro De Nicola per la prima volta mi accennò dell’iniziativa durante una colazione di lavoro nel suo studio milanese, classicamente arredato in perfetto stile british, ricordo che l’idea mi incuriosì ed interessò molto. Mi colpì l’espressione del viso e l’entusiasmo con cui descriveva il progetto di quella che oggi è diventata una associazione liberale e liberista…

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