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Con la messa di inaugurazione del ministero petrino, oggi in piazza San Pietro, si conclude la prima settimana di Papa Jorge Mario Bergoglio ed entra nel vivo il governo del primo Papa gesuita, del primo Papa Francesco e del primo Papa latino-americano della storia. In realtà non c’è da attendersi decisioni eclatanti nei prossimi giorni. Pochi giorni fa il Papa ha rinnovato ‘donec aliter provideatur’, finché non si provveda diversamente, l’organigramma di Curia, riservandosi “un certo tempo per la riflessione, la preghiera e il dialogo, prima di qualunque nomina o conferma definitiva”. Sabato il Pontefice va a incontrare il suo predecessore Benedetto XVI a Castel Gandolfo e potrebbero parlare del ‘dossier’ Vatileaks, oltre che di molte altre cose. Poi si svolgeranno le celebrazioni della settimana santa e infine la domenica di Pasqua il 31 marzo. Subito dopo, però, potrebbero arrivare delle novità.

Dopo Pasqua il Papa argentino prenderà possesso della basilica di San Giovanni in Laterano. E’ un passaggio decisivo per un Pontefice che ha più volte ribadito, nel corso di pochi giorni, di essere il vescovo di Roma. Chissà se Papa Francesco frequenterà il Laterano e la cattedrale di Roma più che i Pontefici del passato, e chissà se, come era solito fare a Buenos Aires da arcivescovo, dirà frequentemente messa nelle parrocchie, visiterà ospizi, case per orfani, mense per poveri. Di certo il titolo di “vescovo di Roma” – più che altri titoli del Romano Pontefice, come “vicario di Cristo” – è molto gradito agli ortodossi e può facilitare il dialogo ecumenico al quale il Papa tiene molto (alla messa di inaugurazione oggi c’era il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I). Sottolineare il ruolo di vescovo di Roma, però, è anche un modo per mettere l’accento sulla collegialità episcopale. E potrebbe essere il perno di una riforma della Curia romana e, a cascata, della Chiesa cattolica mondiale.

Innanzitutto crescerebbe il ruolo del cardinale vicario di Roma, quell‘Agostino Vallini che Papa Francesco ha voluto accanto a sé fin dall’apparizione dal loggione di San Pietro dopo la fumata bianca di mercoledì sera, nonché la mattina dopo al momento di visitare la basilica di Santa Maria Maggiore. Vallini – che ha scritto ai fedeli romani una nota densa di dettagli il giorno dopo l’elezione – potrebbe acquisire quindi peso, una sorta di ‘ausiliare’ del Papa. Se il Papa decidesse di essere più presente a Roma, però, a cascata potrebbe essere relativamente meno presente in Vaticano. E delegare maggiormente alcune delle prerogative che, per certi versi, appesantiscono il ruolo papale.

Il governatore – attualmente il cardinale Giuseppe Bertello, unanimemente stimato – potrebbe aumentare di peso diventando un ‘supergovernatore’ che solleva il Papa da tutte le incombenze pratiche del governo dello Stato della Città del Vaticano.

Quanto alla Santa Sede, anche il Segretario di Stato potrebbe vedere accresciuti i suoi compiti di coordinamento della burocrazia vaticana. Ieri il Papa ha ricevuto il cardinale Tarcisio Bertone, con il quale i rapporti personali sono buoni, ma è quasi scontato che prossimamente il fidato collaboratore di Joseph Ratzinger lasci il passo a qualcun’altro. Con un Papa argentino, sebbene di origini italiane, è probabile che il Segretario di Stato sarà italiano. E con un Papa pastore è possibile che venga dalla scuola diplomatica della Santa Sede. Si fanno molti nomi, tra i quali Mauro Piacenza (che però è teologo e non diplomatico), Leonardo Sandri (che però è praticamente escluso perché argentino come il Papa), Adriano Bernardini, Lorenzo Baldisseri, Piero Parolin (che hanno l`atout di aver servito – o di servire ancora – in sedi diplomatiche latino-americane) o ancora Luigi Ventura, Giovanni Becciu, il prefetto di Propaganda fide Fernando Filoni. Più dei nomi, però, è interessante ora capire la conformazione che prenderà la Curia romana e l’obiettivo ecclesiologico e pastorale del Papa.

Al “primo ministro” del Pontefice potrebbero venire affiancati un “sostituto” (attualmente Becciu) e un “ministro degli Esteri” (attualmente Dominique Mamberti) a loro volta con maggiori responsabilità. In particolare, al secondo, il Segretario per i rapporti con gli Stati, il Papa potrebbe delegare buona parte dei rapporti di routine con i nunzi apostolici e gli ambasciatori, riservandosi un ruolo di supervisione geopolitica, al primo il ruolo esecutivo di applicare quel coordinamento, quella comunicazione e quello snellimento degli uffici di Curia che – lo ha dimostrato l`affaire Vatileaks – è mancato in questi anni.

Giovanni Battista Montini, che prima di divenire arcivescovo di Milano era stato a lungo in segreteria di Stato, quando fu eletto Papa col nome di Paolo VI accentrò molti poteri nella segreteria di Stato. Mossa indispensabile allora, che, però, nel corso degli anni ha creato una sorta di ‘strapotere’ della Terza loggia sul resto dei collaboratori del Papa, con non pochi doppioni e malfunzionamenti. Ora Papa Francesco, forte della sua esperienza a Buenos Aires e di un mandato ampio dei cardinali elettori (avrebbe sfiorato quota 100 voti in Cappella Sistina), potrebbe far oscillare il pendolo in direzione di un maggiore decentramento, quasi una ‘devolution’ ecclesiale.

Iacopo Scaramuzzi

Tm News

Che cosa farà ora Papa Francesco

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