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La Grecia affronta oggi il secondo sciopero generale del 2013 (il primo è stato il 31 gennaio, contro l’unificazione degli stipendi pubblici ma per alcune organizzazioni sindacali non era ufficiale) in mezzo a scontri e tensioni in piazza. E a un inusuale silenzio da parte della stampa, che da ieri ha aderito alla protesta. Da ieri i canali tv ripetono i programmi e le edicole sono vuote. L’informazione su quanto accadrà oggi potrà trovarsi soltanto su alcuni giornali on line, che hanno anticipato lo sciopero e si sono fermati ieri.

La polizia di Atene ha sparato gas lacrimogeni contro i manifestanti che lanciavano pietre, mentre nella capitale greca circa 15mila lavoratori hanno partecipato alla manifestazione organizzata dal partito comunista e altre 20mila a quella organizzata da diversi sindacati.

Con un tasso di disoccupazione del 27% (nel 2011 era di 20,8%), l’indice di disoccupazione giovanile oltre il 60% e l’arrivo di nuovi tagli, i lavoratori hanno deciso di fare pressioni  sul governo conservatore di Antonis Samarás con la paralizzazione totale delle attività. Le imposte fiscali sono in aumento mentre il sistema di pensioni non è garantito. L’immigrazione verso la Germania, Inghilterra, Africa del sud e Australia non ha nessun precedente storico.

Secondo il quotidiano greco Tanea, i due principali sindacati del Paese, Gsee e Adedy, hanno convocato lo sciopero per “contestare le misure antisociali e inefficaci contro i lavoratori da parte di un governo autoritario”. Vogliono il ritorno dei contratti collettivi. I dirigenti delle organizzazioni hanno convocato la concentrazione in diversi punti della capitale per poi congiungersi nella piazza di Syntagma.

Come ricorda il Wall Street Journal, lo sciopero di oggi è il numero 30 da quando è cominciata la crisi greca, sei anni fa. Ma solo nel primo semestre del 2012 in Grecia ci sono state 20 proteste a livello nazionale. In contrapposizione, Il Sole 24 ore, invece, spiega “Otto buoni motivi per dire che la Grecia adesso può rialzare la testa”.

Alla manifestazione di oggi sono stati convocati anche i lavoratori del settore sanitario, avvocati, ingegneri, impiegati di banche e aeroporti. Oggi in Grecia è tutto fermo. Sono aperti – e in modo parziale – solo alcuni ospedali e cliniche e restano operativi i collegamenti dei treni regionali per permettere ai manifestanti di raggiungere Atene.

La replica portoghese
Il Portogallo si guarda nello specchio greco. Secondo il giornale portoghese “Io on line” – che riferisce uno studio della banca Bpi – , il Paese iberico potrebbe risparmiare 14,9 miliardi di euro (il 9 per cento del Pil) se le istituzioni europee concedessero al Paese le stesse condizioni offerte alla Grecia. Per le finanze pubbliche si tratterebbe di uno sgravio da 1,5 miliardi di euro nel 2014, il che permetterebbe tagli di spesa più graduali (allo stato attuale, entro marzo bisognerà tagliare 4 miliardi di euro dai conti pubblici).

C’è molto silenzio sul tema nella stampa europea, ma la situazione socio-economico del Portogallo è drammatica. A gennaio il governo ha chiesto ai creditori europei una proroga della scadenza dei prestiti da 15 a 30 anni. Tagliare il tasso, come è stato fatto con la Grecia, porterebbe nelle casse di Lisbona 12 miliardi di euro. In ogni caso la risposta dovrebbe arrivare in occasione del vertice dell’Eurogruppo il prossimo 4 marzo.

La Grecia si ferma. E il Portogallo?

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