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C’è chi vede già la fine del tunnel. Ma al di là dell’ottimismo ostentato dalla politica, diversi indicatori hanno messo in luce primi segnali di inversione del ciclo economico. Secondo il rapporto di Congiuntura ref., Periodico di analisi e previsione dell’omonimo centro studi, la ripresa sarà graduale, differenziata e incerta, con un’attenuazione dei divari di competitività tra gli Stati membri. Ma ad una condizione: che si stimoli la domanda dei consumatori europei.

“I segnali di inversione – si legge sul Rapporto – sono più evidenti in Germania. Dopo alcuni mesi in cui la congiuntura tedesca pareva peggiorare, con una tendenza ad allinearsi ai segnali più deboli dei paesi della periferia, sembrano di nuovo potersi materializzare divaricazioni nelle tendenze dei Paesi dell’area euro”. Tali divergenze riflettono principalmente “la diversa intonazione della politica di bilancio e le condizioni creditizie fortemente asimmetriche all’interno dell’area. La dinamica del costo del lavoro nel settore manifatturiero dei Paesi della periferia si sta quindi allineando, e in alcuni casi portando al di sotto, rispetto a quella della Germania. Inoltre -prosegue – anche l’evoluzione della produttività nel settore manifatturiero ha evidenziato una fase in cui la Germania ha smesso di crescere a tassi superiori a quelli di Italia e Spagna, in un percorso di riequilibrio della posizione competitiva dell’industria dei paesi della periferia rispetto all’industria tedesca”.

Ma una ripresa dell’economia è “condizione necessaria per migliorare le attese sugli utili delle società quotate e per ridimensionare la rischiosità degli attivi delle banche. Esitazioni nei tempi di riavvio del ciclo potrebbero quindi interrompere la fase di recupero delle borse e riportare in tensione i mercati dei titoli di Stato dei Paesi della periferia. L’errore più grave – si evidenzia – sarebbe rappresentato in questo caso dall’avvio di nuove manovre di correzione fiscale con misure aggiuntive a quelle già programmate. Se difatti si considerano i programmi di politica fiscale, nella maggior parte dei casi il 2013 registra una fase di stretta paragonabile a quella del 2012, mentre il 2014 dovrebbe rappresentare l’anno di completamento della fase di aggiustamento”.

Allungare ulteriormente il periodo di consolidamento dei conti “avrebbe esiti devastanti sul clima di fiducia degli operatori proprio, con ripercussioni gravi sull’andamento della domanda adesso che le aspettative hanno segnato un timido progresso. Per questo è importante che le politiche europee acquisiscano piena consapevolezza dei progressi sinora realizzati in termini di riduzione dei disavanzi, puntando adesso primariamente su obiettivi di rilancio della domanda, attraverso una politica monetaria di segno fortemente accomodante e puntando ad una stance almeno neutrale delle politica fiscale dal 2014”, conclude il Rapporto.

Ecco la regola d’oro per Bruxelles (almeno dal 2014)

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