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Sono passati venti anni da Tangentopoli ma il problema del finanziamento della politica appare irrisolto: piccole e grandi ruberie si scorgono ancora sul campo da Penati a Scajola, passando per Belsito. È proprio con la cronaca dei giorni nostri che si apre “La trattativa fallita”, il saggio in formato ebook scritto dal giornalista Mario De Pizzo e edito da Formiche presentato oggi a Roma presso la sala stampa della Camera dei Deputati.
Un’occasione per tornare indietro alle “idi di marzo” 1993, i giorni del primo vero e proprio cortocircuito fra i poteri dello Stato. Che cosa accadde? In piena Tangentopoli il governo presieduto da Giuliano Amato varava un decreto per depenalizzare il finanziamento illecito ai partiti. Per la prima volta nella storia, un capo dello Stato – Oscar Luigi Scalfaro – si rifiutava di apporre la firma ad un decreto legge. A questo si aggiungeva l’intervento dei magistrati del pool di Milano che in eurovisione chiedevano al governo di ritirare il provvedimento e il conseguente circolo mediatico giudiziario. Il decreto “Conso” – dal nome dell’allora ministro della Giustizia – finiva nel dimenticatoio e la politica al tappeto. Di lì a poco, Amato lasciava Palazzo Chigi a Carlo Azeglio Ciampi, alla guida del primo governo tecnico della storia. Con l’affossamento del decreto “Conso” si inaugurava la “guerra dei vent’anni” fra magistratura e politica. Una battaglia, non ancora conclusa. Di questo passaggio storico decisivo e finora poco approfondito si è discusso nell’incontro di oggi moderato dal fondatore di Formiche Paolo Messa.

La fine della Prima Repubblica?
Per Luciano Violante, già presidente della Camera, intervenuto alla presentazione dell’e-book, la cesura coincide con l’assassinio di Moro, evento che pose fine al periodo del “compromesso storico”, un’alleanza per rispondere ai grandi mutamenti di quegli anni (femminismo, ambientalismo etc) dopo la crisi dei partiti politici registrata alla fine degli anni sessanta.

Il senatore Luigi Covatta, direttore di Mondo operaio, certifica invece la fine di quel sistema politico nel 1991 quando la Camera discusse il messaggio del presidente della Repubblica che conteneva una diagnosi approfondita della fine del sistema politico: “In quel dibattito De Mita, Occhetto e Craxi fecero discorsi misurati sulle imminenti scadenze elettorali”. Un dibattito al di sotto del tema dunque. In linea con Luca Josi, produttore televisivo, Covatta non ha mai creduto alle teorie complottistiche: “In quegli anni il sistema aveva bisogno di una manutenzione straordinaria e ancor prima l’edificio cadde giù. Ma non fu una calamità naturale e questa importante fase della storia italiana andrebbe analizzata a fondo”. Tra i responsabili del crollo Covatta riconosce gli attori politici, aiutati in questo suicidio dalla magistratura e dalla stampa.

E poi c’è la vicenda della vigilia delle elezioni del 1992 vissuta direttamente da via Solferino e raccontata da Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera: “Il sistema dei partiti costava troppo e tutto il taglio di quella riunione fu improntato su come venirne fuori”. Per Franchi il momento in cui tutto precipitò fu il discorso di dimissioni di Amato: “Il sistema dei partiti era venuto meno”.

Riflettendo sul tema della corruzione Violante ha così proposto una suddivisione in tre fasi di questo fenomeno: per l’ex presidente della Camera la “corruzione episodica” degli anni settanta, seguita negli anni novanta da Tangentopoli, sfocerebbe oggi in una corruzione di tipo personale che punta ai favoritismi verso il singolo grande burocrate, e non più al partito.

La commistione tra magistratura e mezzi di comunicazione

Ma per Violante il nodo del dibattito è rappresentato dal rapporto tra magistratura e mezzi di comunicazione, commistione in cui spesso la prima perde la sua indipendenza e i secondi la propria autorevolezza: “Il rapporto tra magistratura e politica c’è sempre stato e se non c’è può essere pericoloso – ha detto -. Il problema serio sta nel fatto che esistono punte della magistratura che cercano il consenso del popolo attraverso i mezzi comunicazione e media che godono di un rapporto privilegiato con alcuni magistrati”.

Per Violante ciò che preoccupa maggiormente è la “tolleranza della corruzione”. Dove però per “intolleranza” non debba intendersi lo sdegno con cui spesso si risponde a tali episodi ma la richiesta di un intervento serio per rompere il filo della corruzione.

 

La trattativa fallita. Il decreto Conso e il crollo delle due repubbliche
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