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Leggo su Corriere.it un bell´articolo, apparso nella rubrica La 27esima Ora (dedicata a un mondo di problematiche e opportunità più femminili ma spesso assolutamente “unisex”), in cui si parla di tecnologie che consentono di creare una sorta di “guinzaglio elettronico”. Il titolo, eloquente, è “Biiip. «Tua moglie sta lasciando il Paese» Le tecnologie usate per controllare (anziché aiutare) le donne saudite”.
Ovviamente, questo uso delle nuove tecnologie informatiche fa rabbrividire, ma certo non sorprende. Da anni si discute del rischio di essere controllati e “imprigionati” nella Rete delle reti popolata da miriadi di sentinelle elettroniche: è l´IoT (Internet of things, Internet delle cose) che può farci pedinare, geolocalizzare, analizzare nei nostri comportamenti e tante altre diavolerie che potete immaginare o persino inimmaginabili.
Normalmente, le tecnologie “tutoriali” sono utilizzate per finalità di parental control (controllo dei genitori sugli spostamenti e le attività dei minorenni). Il rischio, anche nel caso del controllo famigliare, tuttavia, è che la tecnologia venga usata male: dalle persone sbagliate (se il dispositivo di sorveglianza cadesse nelle mani di un pedofilo, un bambino sarebbe in pericolo), dalle persone giuste ma per finalità o con modalità illecite (per esempio diverse da quelle per cui la tecnologia è stata adottata), da persone autorizzate e per finalità legittime, ma in Paesi senza democrazia in cui è lecito ciò che da noi è un crimine.
Il mondo in cui viviamo si sta popolando progressivamente di “cose” dotate di un´anima: banalmente, le auto o i telefoni cellulari sono “pistole fumanti” a cui viene facile pensare subito. Ma le sentinelle elettroniche possono sfruttare RFID (etichette radio intelligenti) della grandezza di pochissimi millimetri, piatte come carta e anzi inserite proprio nella carta, in un passaporto o in uno scontrino. Tutto, in futuro, avrà occhi e orecchie nelle nostre case e nelle nostre vite: dai frigoriferi alle lavatrici, dai televisori ai telefoni, dai letti ai divani, dalle lampade all´aspirapolvere, dai libri ai piatti. Sarà sempre più comodo interagire con le cose, ci capiranno, sapranno cosa desideriamo, conosceranno le nostre abitudini. Sarà, viceversa, sempre più difficile (impossibile?) avere alibi che non possano essere smentiti dalle “anime” degli oggetti che ci circondano.
Dobbiamo preoccuparci? Un po´ sì, sarebbe stolido non farlo. In primo luogo, avrebbe senso evitare il “silenzio delle cose”: è opportuno dotare questi oggetti-sentinella di luci e voci d´allerta, che rendano periodicamente edotto il soggetto vicino al quale si collocano della loro attività e del trattamento dei dati che effettuano, con messaggi chiari, brevi ed evidenti. Poi, dovremmo preoccuparci degli scenari più estremi (apocalittici dirà qualcuno), quelli che potrebbero consentire a poche persone, o ad una sola, di conoscere e gestire tutte le anime elettroniche di tutta la popolazione: con le reti elettriche intelligenti (smart grids) non sarebbe così remota la possibilità per un Governo di “dominare” centralmente le cose dei propri cittadini, e a cascata le loro vite.
Infine ma di preoccupazioni ulteriori potrei riempire mille pagine, e sarebbero ancora poche lo Stato dovrebbe investire in cybersecurity militare: un attacco di potenze straniere o di terroristi potrebbe colpire le case dei civili, oltre che i servizi pubblici essenziali, non bombardando sui tetti ma utilizzando virus e altri programmi informatici in grado di pervadere la vita quotidiana del Paese, mettendoci in ginocchio.
Ho esagerato? Tranquilli, niente panico: se l´Italia continua a crescere economicamente a questi ritmi, avremo oggetti senz´anima ancora per molto, moltissimo tempo, e continueremo ad essere protetti dall´usato sicuro.

 

Il silenzio delle cose (non sempre innocenti)

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