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Secondo il punto di vista dei manager di hedge fund, il Dodd-Frank Act – la legge di riforma finanziaria passata al Congresso e firmata in dal presidente Barack Obama nel 2010 – è un’enorme seccatura. La legge, è scritto in un articolo su Bloomberg BusinessWeek, richiede loro di registrarsi alla Commissione Scambio e Sicurezza, di fornire una caterva di pagine di dati sensibili sulle posizioni di commercio in Borsa, di controllare più attentamente i potenziali investitori e di assumere funzionari di conformità. Come può tutto questo non non intaccare i guadagni e paralizzare la competitività?
 
Ma ci sono i primi dati che controbilanciano queste paure. Wulf Kaal, professore di diritto all’Università di St. Thomas nel Minneapolis, ha rivelato una sua indagine sui fund advisor, condotta dopo il termine del 30 marzo per la registrazione alla Sec (Securities and Exchange Commission, ossia la Consob americana), l´ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori. I risultati dello studio mostrano che, nonostante le loro lamentele, i fondi speculativi stanno fronteggiando serenamente e senza particolari problemi i doveri regolatori.
 
Kaal e il suo team hanno ascoltato 94 advisor di private equity, venture capital, real estate e hedge fund. Il 75% degli intervistati ha dichiarato che le nuove registrazioni e la richiesta di requisiti non hanno avuto effetti sul tasso di profitto degli investitori. L’80% ha sostenuto di non aver preso in considerazione la Dodd-Frank per la determinazione della portata dei loro fondi. E il 70% ha detto di non aver programmato una risposta strategica alla norma voluta da Obama. In altre parole, non li condurrà a una rivisitazione del loro modo d’investire.
 
“Nonostante le loro preoccupazioni, l’industria degli hedge fund sembra essere solo modestamente influenzata dal reporting del Dodd-Frank e dalla richiesta dei requisiti, e si sta adattando bene alla nuova situazione legislativa”, secondo Kaal.
 
La maggioranza degli intervistati ha stimato che i costi operativi dovuti alla Dodd Frank saranno compresi tra i 50.000 e i 200.000 dollari all’anno, richiedendo circa 500 ore di lavoro, anche se un advisor ha indicato costi per 2 milioni di dollari e 4000 ore di lavoro. Le società che hanno deciso un progetto di risposta strategica al Dodd-Frank Act sono state quelle di dimensioni più piccole.
 
Eppure “l’industria dei fondi privati sembra che si stia assestando bene e l’impatto della registrazione e l’applicazione delle regole appare molto meno intensa di quanto era apparso inizialmente all’industria”, ha concluso Kaal.
 
Resta un punto su cui fare attenzione: il fatto che questi dati riflettano solo la prima fase di applicazione della normativa. “Studi futuri serviranno per determinare se l’impatto a lungo termine del Dodd-Frank Act sia moderato come suggerisce questo studio”, si legge nel paper. E’ troppo presto per misurare “i costi di opportunità indeterminabili per la distrazione dal core management dei fondi”, e per valutare come i costi potrebbero essere scaricati agli investitori sotto forma di nuove commissioni.
 
Gli effetti e i nuovi adempimenti previsti dalla legge non sembrano dunque essere quello schiaffo a mano aperta dato dal presidente Obama a Wall Street e che gli avrebbe causato il voltafaccia di Goldman Sachs, così come sottolineato dal giornalista Stefano Cingolani in una conversazione con Formiche.net. La banca d’affari americana ha infatti chiuso con la sua vecchia strategia di supporto al partito democratico, decidendo di appoggiare stavolta con finanziamenti ingenti il candidato repubblicano, Mitt Romney. Ma, conti fatti, le cause dell’insoddisfazione per l’attuale presidente non possono risiedere nei presunti svantaggi che peserebbero sul mondo della finanza. La scommessa è dunque tutta politica.

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