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Alla fine l’Italia voterà a favore della risoluzione che attribuisce alla Palestina lo status di Stato non membro osservatore permanente all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La decisione è stata messa nero su bianco in una nota di palazzo Chigi a poche ore dal voto, e ha immediatamente provocato la reazione negativa dell’ambasciata israeliana, che ha manifestato “delusione” per la scelta del governo.
Nella nota il governo si premura di spiegare la decisione inquadrandola come “parte integrante dell’impegno del Governo italiano volto a rilanciare il processo di Pace con l’obiettivo di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, che possano vivere fianco a fianco, in pace, sicurezza e mutuo riconoscimento”. E a scanso di equivoci, si ricorda che il governo “si è adoperato in favore della ripresa del dialogo e del negoziato, moltiplicando le occasioni di incontro con le parti coinvolte nel conflitto Medio-Orientale, in particolare da parte del Presidente del Consiglio, ricevendo conferma della loro volontà di riavviare il negoziato di pace e giungere all’obiettivo dei due Stati”.

Spiegazioni necessarie, e rappresentate anche al premier israeliano perché la decisione del governo non era scontata: lo stesso Mario Monti, riferiscono fonti di governo, ha lungamente soppesato i pro e i contro, a partire dal rischio di perdere la storica posizione di equidistanza tra israeliani e palestinesi che caratterizza da decenni la politica estera italiana. Alla fine, a pesare per il sì in favore del riconoscimento dello status di osservatore alla Palestina è stata principalmente la tendenza maggioritaria emersa nella Ue e tra i Paesi euromediterranei. E anche i contatti con le gerarchie vaticane, da sempre favorevoli al riconoscimento dei diritti palestinesi. Ma non solo: dopo l’attacco di Israele su Gaza in risposta ai razzi di Hamas, la preoccupazione del governo era quella di vedere l’ala moderata dell’Anp troppo in difficoltà, con i fautori della linea dura in netto vantaggio. L’ottenimento dello status di osservatore all’Onu, è stata alla fine la valutazione del governo, potrebbe invece ridare argomenti a chi – nell’Anp – continua a cercare il dialogo.

Tanto che nella nota che annunciava la decisione, si ricorda che Monti “ha altresì manifestato sostegno agli sforzi dell´Autorità Nazionale Palestinese e alla leadership moderata del Presidente Abbas e del Primo Ministro Fayyad per riavviare il negoziato di pace, contro ogni violenza ed a favore del dialogo come unica strada verso una soluzione duratura del conflitto”. E che dunque la scelta dell’Italia “è un incoraggiamento a proseguire sulla strada del dialogo e contro ogni estremismo. La nascita di uno Stato di Palestina membro a pieno titolo dell`Onu potrà arrivare solo ed esclusivamente con il negoziato e l`intesa diretta tra le parti”. Concetti spiegati anche nelle telefonate di Monti al Presidente Mahmoud Abbas e al Primo Ministro Benjamin Netanyahu per spiegare le motivazioni della decisione italiana.

Insomma, da palazzo Chigi assicurano che la posizione italiana “non cambia in alcun modo i tradizionali rapporti di amicizia e di cooperazione con Israele”. Ma nonostante gli sforzi del governo per chiarire il senso della scelta, dall’ambasciata israeliana è arrivata la “grande delusione” per la posizione di Roma: “Quando si è molto vicini a qualcuno, quando lo si considera un grande amico, la delusione è più forte”, ha spiegato l’ambasciatore, Naor Gilon. “E’ stata una sorpresa per noi”, ha proseguito Gilon, secondo cui la decisione dell’Italia, tradizionalmente più vicina alle posizioni israeliane all’Onu, dev’essere maturata “all’ultimo momento”.
E in effetti, fino a poche ore prima il ministro degli Esteri Giulio Terzi manteneva la suspense, spiegando che la posizione sarebbe emersa solo al momento del voto. E dalla Farnesina non è arrivato fino a questa mattina alcun commento alla posizione del governo. Tanto che alcune fonti, prima che uscisse il comunicato di palazzo Chigi, propendevano per una scelta di segno opposta, motivata proprio con la “storia personale” del ministro Terzi. A queste ricostruzioni risponde oggi lui stesso a margine di un convegno della Farnesina: “Quella espressa ieri dall’Italia all’Assemblea generale dell’Onu sulla risoluzione che ha riconosciuto la Palestina come Stato osservatore non membro è stata una decisione sicuramente ponderata, la linea del governo italiano è stata espressa dalla presidenza del Consiglio e la decisione è stata ben chiarita ieri nel comunicato del presidente del Consiglio”.

Le ricostruzioni di Corriere della Sera e Repubblica
Franco Venturini in un editoriale sul Corriere della Sera parla di una doppia svolta per l´Italia con il sì alla risoluzione Onu: “ha rinunciato alla continuità rispetto alla politica estera del governo Berlusconi e ha scelto di esprimere le proprie posizioni con chiarezza”. Nella ricostruzione su come è maturata la decisione italiana, il giornalista parla dell´esistenza nel governo “di un forte desiderio di evitare ambiguità e una ricerca di coerenza rispetto al ripetuto appoggio alla soluzione dei due Stati, quello palestinese e quello israeliano, affiancato in pace e sicurezza”, anche se non nega che ci sia stato prima della scelta “un animato dibattito interno (con la Farnesina più cauta di Palazzo Chigi e del Quirinale)”.

Anche Bernardo Valli su Repubblica fotografa la scelta italiana come “la fine dell´ambiguità” mentre Alberto D´Argenio e Vincenzo Nigro raccontano che tutto è cambiato nelle ultime 48 ore: “due giorni sono bastati a Monti, con la benedizione di Giorgio Napolitano, per decidere che il voto dell´Italia sarebbe stato un sì e non una semplice astensione. Posizione sulla quale invece era restato il ministro degli Esteri Giulio Terzi, ex ambasciatore a Washington messo da parte per aver provato a difendere le ragioni del governo Netanyahu”.

La posizione del Giornale
Il Giornale oggi critica aspramente la decisione del presidente del Consiglio Mario Monti di votare sì all’Onu per il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore. E la collega alle parole del leader del Pd Pierluigi Bersani che durante il faccia a faccia con Matteo Renzi per le primarie aveva auspicato il parere positivo dell’Italia, titolando “Monti svende Israele a Bersani”. L’editoriale di Fiamma Nirenstein, deputata Pdl, definisce “istituzionalmente sconvolgente la scelta di palazzo Chigi di rovesciare con una mossa nient’affatto tecnica, ma tutta politica, le scelte di un Parlamento che da vari anni a questa parte ha fatto suo onore e vanto di essere il migliore amico europeo di Israele”.
Per Nirenstein, impegnata a difesa della causa israeliana, il comunicato con cui palazzo Chigi ieri ha annunciato la scelta “sembra scritto da un bambino che ignora l’abc della politica mediorientale”. Una scelta per Nirenstein “incredibile” e che “distrugge le nostre possibilità, fino ad oggi molto buone, di fungere da mallevadori di una pace vera”. Nirenstein conclude chiedendosi cosa abbia influenzato Monti: la posizione di Bersani, “il Qatar appena visitato che può spargere oro anche sulla nostra boccheggiante economia; l’Europa? Che quando ci allineiamo ecco dove ci porta: al peggiore conformismo, alla rottura delle regole democratiche, all’abbandono dei nostri alleati, alla spaccatura con gli Stati Uniti”.

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