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Vent´anni fa, il 23 maggio 1992, alle 17.58, l´esplosione innescata da oltre mezza tonnellata di tritolo piazzata sotto l´autostrada Palermo-Mazzara del Vallo, all´altezza del piccolo comune di Capaci, non uccise soltanto il giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e i tre agenti di scorta, Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. Essa provocò un tuono il cui eco continua ancora oggi ad attraversare le memorie di un Paese che da quel giorno non è più lo stesso.
 
Oggi a Palermo si ricorda quella ferita ancora aperta per l´Italia.
“Non possiamo escludere” un ritorno alla violenza di stampo stragista. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlando nell´aula bunker dell´Ucciardone a Palermo durante la commemorazione della strage di Capaci.
Parlando della necessità di combattere la criminalità organizzata nel Mezzogiorno ma anche nelle regioni del Nord e riferendosi alle indagini “sull´oscura e feroce azione criminale di Brindisi”, il capo dello Stato ha lanciato un allarme sul rischio che la criminalità “possa oggi tentare feroci ritorni alla violenza di stampo stragista e terroristico, non possiamo escluderlo”.
 
Insieme al capo dello Stato questa mattina, sotto la pioggia torrenziale di Palermo si sono ritrovati anche il presidente del Consiglio Mario Monti, i ministri Cancellieri, Severino e Profumo, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e migliaia di studenti. Tutti fianco a fianco a ribadire la necessità dell´impegno di tutti, per restare uniti e superare al più presto il difficile momento che attraversa il Paese.
“Completate con impegno la vostra formazione – ha detto Napolitano agli studenti – portate avanti il vostro apprendimento e scendete al più presto in campo e aprendo porte e finestre se vi si vuole tenere fuori. Scendete al più presto in campo per rinnovare la politica e la società nel segno della legalità e della trasparenza. L´Italia ne ha bisogno, l´Italia ve ne sarà grata”.
 
Monti: “Cercate la verità”
“Non esiste nessuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nella ricerca della verità”, ha ammonito il premier Mario Monti, presente alla commemorazione al Giardino della memoria, sulle responsabilità della strage di Capaci. “L´unica ragion di Stato è la ricerca della verità”.
“Deve esserci – ha aggiunto il presidente del Consiglio – un impegno forte nella selezione dei rappresentanti nei diversi livelli di governo. Gli apparati dello Stato devono essere lontanti da ogni sospetto di prossimità a organizzazioni mafiose”.
Monti ha poi ricordato che “il Parlamento ha recentemente approvato un ddl sulla riorganizzazione legislativa antimafia. Un Lavoro non completato in alcuni punti, e sui quali c´è un impegno preciso del governo in fase avanzata”.
 
Esiste, ha detto ancora il premier, il “costante impegno, che sento molto, proprio di questo governo, per creare il vero sviluppo nei territori dove la mancanza di lavoro determina terreno fertile” per l´insediamento e il proliferare delle mafie.
Dall´esempio di personaggi come il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta “bisogna partire ogni giorno nella lotta senza quartiere contro tutte le mafie”.
“Non si deve pensare che le mafie siano imbattibili – ha spiegato Monti – ma molto diverse e, anche se ricevono colpi molto forti, sono capaci di reinventarsi nuovi spazi, per sfruttare enormi risorse economiche”.
“Il governo – ha concluso Monti – sta facendo il suo dovere, ma non elencherò i brillanti risultati conseguiti da magistratura e forze dell´ordine. È puramente illusorio pensare di sconfiggere Cosa nostra solo a Palermo, la ´ndrangheta solo in Calabria e la camorra solo in Campania. Tutto il paese è coinvolto in questa lotta. Tutto il paese non deve sentirsi immune da questa lotta”.
 
Il programma delle commemorazioni
La giornata in ricordo delle vittime di Capaci e via d´Amelio inizia alle 8, con l´arrivo delle Navi della legalità dalle quali sbarcheranno 2.600 studenti, insieme con il ministro dell´Istruzione Francesco Profumo, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso e il presidente di Libera, don Luigi Ciotti. Si prosegue un´ora dopo, quando si terrà l´inaugurazione del Memorial dedicato a tutte le vittime della mafia al Giardino della memoria. Alle 10 il gong per la manifestazione che si terrà all´aula bunker dell´Ucciardone, dove si tenne il maxiprocesso che segnò la vittoria giudiziaria e culturale di Giovanni Falcone, con il record di condanne e la conferma in sede processuale del “teorema Buscetta”.
Qui Napolitano, Grasso, i vertici delle forze dell´ordine e dell´associazione nazionale magistrati ricorderanno le vittime, mentre migliaia di studenti e di professori parteciperanno alle manifestazioni organizzate nei Villaggi della legalità allestiti in due luoghi simbolo: piazza Magione, nel centro storico, dove nacquero a distanza di poche centinaia di metri sia Falcone che Borsellino; e il parco Ninni Cassarà, intitolato al vicequestore ucciso dalla mafia nel 1985.
 
La mostra fotografica
Alle cinque Napolitano inaugurerà la grande mostra fotografica dell´Ansa a Palazzo Branciforte. L´esposizione “Falcone e Borsellino vent´anni dopo. Non li avete uccisi, le loro idee cammineranno con le nostre gambe”, è un viaggio attraverso immagini inedite della vita dei due giudici.
 
L´iter giudiziario
Sebbene l´iter giudiziario sia stato lungo e complesso, ancora oggi le indagini non hanno portato a chiarire del tutto chi vi sia dietro l´attentato di capaci. O quantomeno a rivelare se la sua matrice fu esclusivamente di origine mafiosa. Tra slanci e depistaggi, gli inquirenti ancora adesso indagano per accertare le responsabilità, avvalendosi tra l´altro della collaborazione di un pentito del calibro di Gaspare Spatuzza, uomo chiave di tante altre inchieste di mafia. E proprio le confessioni di Spatuzza hanno spinto recentemente il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, ad affermare come non sono da escludere a breve delle possibili novità su Capaci.
Ciò che è certo, è che l´esecutore materiale della strage di Capaci fu un commando composto da almeno 5 persone, tra le quali vi era il boss Giovanni Brusca: l´uomo che materialmente schiacciò il pulsante che fece detonare la bomba. Per la strage, nel 2002 sono stati riconosciuti colpevoli 24 imputati, mentre dopo un precedente annullamento della Cassazione e un nuovo processo nel 2008, la prima sezione penale della Cassazione ha condannato 12 persone in quanto ritenute, tra l´altro, tra i mandanti anche dell´altra strage, quella che il 19 luglio del ´92, uccise in via D´Amelio il giudice Paolo Borsellino, amico e collega di Falcone.
A muovere i propositi stragisti dell´allora capo di Cosa nostra, Totò Riina, fu il lavoro svolto da Giovanni Falcone e dal pool antimafia culminato, nel gennaio del ´92, con la conferma in Cassazione delle condanne stabilite dal primo grande maxi-processo alla mafia. Una sconfitta inaccettabile per Totò Riina che decise di saldare col sangue il conto aperto con lo Stato.

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@rbonanni1

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