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È passato più di un anno dall’entrata in vigore della legge che ha introdotto in Italia la class action a tutela dei consumatori. L´obiettivo è proteggere i consumatori nei confronti delle imprese quando è troppo oneroso per il singolo far valere i propri diritti in una causa individuale. Dal punto di vista processuale, l´azione è suddivisa in due fasi: una prima d’ammissibilità e una seconda d’accertamento della responsabilità e di quantificazione del danno. La sentenza ha effetto solo nei confronti dei consumatori che hanno aderito all’azione.
Il diritto di promuovere l’azione spetta ad ogni consumatore danneggiato; il consumatore può delegare un’associazione per la tutela dei consumatori, ma giuridicamente egli rimane l’attore. La scelta del legislatore italiano di permettere tale delega presumibilmente riflette i costi dell’azione: il consumatore che trova oneroso fare valere i propri diritti in una causa individuale non ha incentivo a promuovere una class action. Il legislatore, creando la facoltà per i consumatori di servirsi di un’associazione, ha implicitamente spostato sull’associazione gli oneri dell´azione. Nella prassi, le associazioni non hanno aspettato passivamente di ricevere deleghe ma sono andate a cercare consumatori che gliele conferissero, spesso trovandoli tra i propri dirigenti e collaboratori.
 
Ad oggi, le associazioni dei consumatori hanno avviato almeno undici class action contro imprese private, anche se è difficile fare un conto preciso poiché non è prevista la pubblicità dell’avvio. Molte altre azioni sono state annunciate ma non sono state avviate e non è chiaro se lo saranno mai.
Quasi metà delle class action avviate ha ad oggetto interessi passivi e commissioni bancarie; le altre riguardano una varietà di argomenti. La fase d’ammissibilità si è conclusa per cinque delle undici: Codacons vs Intesa, Codacons vs Voden Medical, le due contro Unicredit, e Codacons vs British american tobacco. Quattro delle cinque sono state dichiarate inammissibili. Ricorsi in appello e in Cassazione sono stati annunciati almeno per alcune. Finora, l’unica class action dichiarata ammissibile è quella contro Voden Medical. Il Codacons sostiene che Voden Medical avrebbe utilizzato pubblicità ingannevole in merito all’efficacia dei test influenzali che essa vende.
 
Gli incentivi economici
Il legislatore ha creato un sistema a tre soggetti: la classe di consumatori danneggiati, il consumatore-attore che conferisce la delega e l’associazione dei consumatori delegata. Un sistema complesso, che crea potenziali conflitti d’interesse tra i tre soggetti conflitti che gli economisti chiamano costi d’agenzia. Parte della fase d’ammissibilità è dedicata ad assicurare che i potenziali conflitti tra gli interessi dei tre soggetti non snaturino l’azione e che la classe di consumatori sia adeguatamente rappresentata. Un punto sottolineato dal Tribunale di Roma in Codacons vs British american tobacco.
Altri Paesi hanno adottato soluzioni diverse. Negli Stati Uniti e in Canada, il motore delle class action è il “patto di quota lite”, in base al quale gli avvocati si fanno carico di tutti i costi, ma in caso di vittoria hanno diritto ad una percentuale dei risarcimenti, spesso intorno al 30%. In Australia, finanziatori esterni si fanno carico dei costi della causa e, similmente al caso americano, ricevono una percentuale dei risarcimenti in caso di vittoria. Quindi anche questi Paesi hanno un sistema a tre soggetti, ma il modo di allineare gli interessi economici tra i tre soggetti è diverso da quello italiano. Nessun sistema è perfetto.
 
Gli studi legali americani e canadesi e i finanziatori esterni australiani agiscono a scopo di lucro. Le associazioni per la tutela dei consumatori in Ialia, invece, non hanno scopo di lucro. Gli studi legali americani hanno un incentivo a promuovere tutte le class action che offrono una prospettiva di rendimento economico interessante. Questo significa che gli studi legali americani hanno un interesse diretto ad ottenere risarcimenti monetari per i consumatori e a promuovere molte class action. Alcuni critici sostengono che negli Stati Uniti il numero di class action promosse sia eccessivo e che, in alcuni casi, esse siano state avviate in un’ottica di conciliazione successiva pur in assenza di fondamento giuridico. Anche per questa ragione, nel 1995 il Congresso americano ha introdotto una riforma che seleziona deleganti-attori “forti” che facciano da contraltare ai loro stessi avvocati affinché questi perseguano il bene della classe danneggiata e non una conciliazione facile.
In Italia, l’assenza dello scopo di lucro crea il rischio che un’associazione selezioni alcune class action per perseguire scopi dell’associazione stessa (aumento della visibilità, lobby) a scapito di class action meno clamorose ma altrettanto importanti per i consumatori danneggiati. Anche in Italia un consumatore-attore “forte” potrebbe evitare il potenziale rischio che un’associazione persegua un interesse diverso da quello dei consumatori che hanno aderito alla causa.
 
Uno sguardo a domani
In Italia, la class action è una novità e la situazione è fluida. Le associazioni dei consumatori avranno un ruolo importante nel promuovere nuove azioni, nel testare nuove strategie legali. Nel lungo periodo, le class action potranno svilupparsi anche tramite ulteriori affinamenti normativi e l’ingresso di soggetti con incentivi economici diversi. La forma che gli incentivi economici prenderanno determinerà non solo il numero delle class action promosse, ma l’effettiva protezione dei consumatori e i limiti ai potenziali abusi dello strumento.

Prove di class action

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