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Sia la disponibilità di capitale sia la regolamentazione saranno i driver, e allo stesso tempo i vincoli, che caratterizzeranno la competitività degli intermediari finanziari negli anni a venire. A questi fattori si aggiungono la liquidità e la capacità di raccogliere nuovi fondi per finanziare la crescita in maniera flessibile ed adattiva. Non ci saranno più pasti a gratis per nessuno (se mai ce ne sono stati). Non ci saranno più investimenti o tassi privi di rischio per nessuno. La capacità patrimoniale e l’adattamento flessibile saranno la chiave del successo e della sopravvivenza per le istituzioni finanziarie in un futuro caratterizzato da bassa crescita ed elevata volatilità.
 
Gli interventi pubblici di salvataggio per tutte le istituzioni “troppo grandi per poter fallire” hanno perpetuato un azzardo morale intollerabile, mettendo a disposizione denaro ad un costo troppo basso e creando delle opportunità di profitto artificiali proprio a favore di quelle istituzioni finanziarie che erano alla radice della crisi e che, in un regime di vera concorrenza sarebbero invece dovute fallire. Questo atteggiamento favorevole verso il settore non sarà però duraturo. I governi e le autorità di regolamentazione sopranazionali stanno introducendo regole più restrittive, e stanno lavorando a nuovi schemi di tassazione che disincentiveranno gli eccessi speculativi e dreneranno risorse a sfavore delle maggiori istituzioni finanziarie. Tutto questo non accadrà dal giorno alla notte.
 
Inoltre, un recente studio della McKinsey esamina l’impatto di Basilea III sulle aziende di credito europee. Le nuove regole introducono requisiti più severi di ricapitalizzazione ed introducono per la prima volta regole sulla liquidità e sulla leva finanziaria. Si stima che il fabbisogno di nuovo capitale che risulta da tali regole più restrittive sia pari a circa 700 miliardi di euro. I nuovi standard per la liquidità e la gestione delle fonti di finanziamento dovrebbero richiedere alle banche europee di raccogliere tra 4mila e 6mila miliardi di euro di finanziamenti a lungo termine, e di detenere non meno di 2mila miliardi di attività correnti liquide. La McKinsey stima che l’impatto di tali requisiti sul Roe del 2012 del settore porti ad una riduzione di 5 punti percentuali, pari ad un terzo del Roe di lungo periodo del settore, che era stimabile al 15% prima di tali interventi.
 
Quali sono le possibili risposte delle banche per limitare l’impatto delle nuove regole? In primo luogo verrà ridefinita la struttura del bilancio, promuovendo interventi su ogni linea di business per fronteggiare l’impatto sul costo del capitale e della raccolta, e verranno ridimensionate le linee di business più a rischio. Eppure, secondo un importante studio di Oliver Wyman e Morgan Stanley, nonostante tali interventi, sia pure accompagnati da un ri-orientamento strategico verso i nuovi mercati e verso nuove nicchie, ci si può attendere che il settore non ne sconterà l’impatto positivo per un periodo non trascurabile e che inoltre l’aggiustamento non sarà indolore.
 
Uno dei principali effetti dell’aumento di concorrenza sarà un allargamento delle code della distribuzione dimensionale dei player di mercato. Le economie di scala e scopo conferiranno un vantaggio competitivo ai grandi: non a caso Oliver & Wyman stimano che i costi di piattaforma per i maggiori player globali dell’investment banking si avvicineranno ai quattro miliardi di dollari.
Ci si attende che le attività maggiormente impattate saranno quelle legate ai flussi nel credito e nei tassi, che potenzialmente potrebbero finire in perdita per gli operatori di medie dimensioni. Ne consegue che le banche maggiori continueranno a prevalere, e che quelle minori dovranno affinare armi e strategie e focalizzarsi sul core business.
 
La clientela risentirà dell’impatto di tali aggiustamenti sui mercati all’ingrosso. Secondo la McKinsey, un effetto del ridimensionamento delle attività delle banche all’ingrosso e dell’investment banking potrebbe essere che la loro clientela, composta di grandi imprese, assicurazioni ed hedge funds, tenderà sempre più a guardare all’infuori del sistema creditizio ufficiale per cercare di soddisfare le proprie esigenze di finanziamento, anche quelle più tradizionali quali i prestiti, presso il sistema finanziario parallelo, che non è regolamentato.
L’impatto di questi cambiamenti sarà differenziato tra i vari comparti del settore. Le banche retail non avranno problemi di sorta, all’infuori del credito al consumo, e l’impatto sulle banche corporate sarà pure limitato. Dove assisteremo ai maggiori cambiamenti sarà ovviamente nell’investment banking ed in particolare nelle attività di capital market, che saranno impattate dalle regole specifiche sull’attività di trading e dai nuovi requisiti per il finanziamento dei portafogli di negoziazione in conto proprio.
 
Questi nuovi interventi regolamentari specifici, insieme con il più ampio impatto di Basilea III, implicano che le banche di investimento maggiormente attive nei capital market subiranno l’impatto più violento. In queste istituzioni, l’attività di intermediazione e di market making soffriranno maggiormente, specie nei mercati a reddito fisso, negli strutturati e nei titoli derivati Otc, dove i costi relativi alle coperture tenderanno ad aumentare. D’altra parte, l’attività sui mercati primari potrebbe incrementarsi: ad esempio l’emissione di prestiti obbligazionari potrebbe diventare più proficua del lending.
Dimensione, servizi di consulenza, infrastrutture efficienti e rigorosa allocazione del capitale, questi sono sempre stati i driver del vantaggio competitivo ed in futuro lo saranno ancor di più. Ma soprattutto la gestione del rischio e l’allocazione del capitale diventerà l’arbitro delle strategie delle banche, ed essa dovrà essere effettuata ai vertici dell’organizzazione, in maniera indipendente ma con una visione strategica chiara ed in modo adattivo.
 
Un tema ricorrente è che – a causa del maggior costo del funding e delle coperture – il finanziamento per l’economia, l’offerta di prodotti garantiti da offrire a risparmiatori, pensionati e depositanti, gli strumenti obbligazionari a basso costo tenderanno e diventare più scarsi e forse a ridimensionarsi drasticamente. E questo non è un messaggio confortante, data la necessità di innescare una più stabile e robusta crescita economica per i nostri Paesi. I governi dovranno essere più presenti, e probabilmente dovranno trovare nuovi modi di collaborare con gli operatori del settore privato. Se ciò non si verificherà, dovremo accettare una riduzione del nostro tenore di vita, migrare in Estremo Oriente o forse fare entrambe le cose.

Quale destino per le banche e per la finanza

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