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Sempre meno comunista e sempre più economia di mercato. Il governo di Pechino ha approvato la misura, attesa da tempo, che collegherà direttamente le piazze finanziarie di Hong Kong e Shenzhen, aprendo di fatto la porta agli investitori esteri in quello che può essere considerata una sorta di Nasdaq cinese. Nelle due piazze finanziarie infatti sono quotate essenzialmente start-up tecnologiche, mentre la borsa di Shanghai rappresenta tradizionalmente le medie imprese con società industriali direttamente collegate al controllo statale.

La mossa del governo di Pechino è avvenuta durante il tradizionale Consiglio di Stato di metà agosto per volere del presidente Li Keqiang che ha subito voluto sottolineare come “la riforma e l’apertura sono la caratteristica più distintiva della Cina contemporanea. L’apertura all’estero del settore finanziario, incluso il mercato dei capitali, costituisce una parte importante dell’apertura complessiva della Cina e svolge un ruolo importante nell’innalzamento della competenza internazionale del settore finanziario cinese e nel servizio fornito all’economia reale”.

Parole che suonano come musica nuova per gli investitori e anche per chi vede nella Cina più un’opportunità che una minaccia. Come già fatto nel 2014 con Shanghai, ma su scala molto più ampia, il collegamento con Hong Kong, territorio cinese ma con una rilevante autonomia, soprattutto finanziaria, permetterà agli investitori esteri di accedere più facilmente ai titoli scambiati a Shenzhen: si tratta della riforma del mercato dei capitali di maggiore portata da un anno a questa parte, dai tempi, per intenderci, del crollo della piazza di Shanghai avvenuto la scorsa estate.

E proprio per favorire maggiori investimenti e aggregazioni finanziarie la Commissione per la Sorveglianza sul mercato borsistico cinese ha comunicato di aver abolito i limiti per il sistema delle quote che collega la borsa di Hong Kong a quella di Shanghai, visto dalla maggioranza degli investitori internazionali come principale ostacolo alle operazioni.Tuttavia ciò a cui punta il governo di Pechino è una più stretta connessione tra Hong Kong e le piazze continentali con l’intento di far includere l’azionario cinese dai provider globali principali, su tutti lo statunitense Msci come ha scritto il Wall Street Journal analizzando la mossa del governo di Pechino.

Non a caso i primi commenti degli analisti sono stati più che positivi basta vedere le analisi raccolte da Reuters nei giorni scorsi. “Shenzhen Connect dovrebbe avvicinare la Cina all’obiettivo di entrare a far pare dell’indice Msci: a nostro parere l’annuncio del governo di Pechino avrà importanza rilevante sui mercati” ha spiegato Douglas Morton, responsabile per la ricerca sui mercati asiatici a Northern Trust Capital Markets.”Gli investitori esteri sono ancora in fase attendista rispetto ai listini della Cina continentale, devono recuperare fiducia, ma certamente questa mossa aiuta la Cina ad essere sempre più vicina ai mercati finanziari tradizionali” ha fatto eco LiaoQun, economista capo a CiticBank International.

In pratica l’unione fra Shenzhen e Hong Kong consentirà agli investitori internazionali di scommettere sui titoli quotati nella città del sud della Cina, con una capitalizzazione di 7400 miliardi di dollari, Shanghai e Shenzhen rappresenterebbero così la seconda piazza finanziaria al mondo, alle spalle di Wall Street (i titoli dell’S&P 500 hanno infatti una capitalizzazione di 19700 miliardi di dollari) e davanti a Tokyo (5.000 miliardi di dollari). Altro primato non indifferente per il presidente cinese Li che ha sempre voluto che l’ex Celeste Impero rappresentasse in questo secolo ciò che è stato il Giappone negli anni Novanta.

Politicamente questo è certamente il passo più importante che ha fatto il governo cinese nelle sua mania di protagonismo, basta vedere a cosa ha fatto anche in casa nostra sul fronte del mercato calcistico con l’acquisizione del Milan e dell’Inter. Con un’economia reale che continua a crescere (+6,5% secondo le stime del FMI per il 2016) ma non più ai livelli a doppia cifra dei primi anni Duemila, la maggiore trasparenza finanziaria che arriverà dalla fusione delle due borse permetterà all’Impero di mezzo di continuare il suo avvicinamento verso lo status di economia di mercato, la grande ambizione a cui punta il presidente Li che, nonostante le ritrosie americane e le diffidenze europee, è sempre più ad un passo. Tutto si deciderà a dicembre quando da una parte scadranno i 15 anni di adesione della Cina al Wto e allo stesso tempo verrà inaugurato ufficialmente il matrimonio tra Hong Kong e Shenzhen, la super borsa che già spaventa i mercati proprio per la sua capacità di attrarre investimenti esteri. Non a caso i due avvenimenti avvengono a stretto giro. Unione Europea e Stati Uniti sono avvisati. La Cina è sempre più un player mondiale che di comunista ha molto poco ma di mercato ne capisce. Eccome.

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