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Il ciclone Renzi ha scombussolato le maggiori banche popolari italiane. Il decreto del governo, da poco trasformato in legge dopo il passaggio parlamentare, se ha avuto il beneplacito di Banca d’Italia, Bce e Fmi, ha prima trovato l’ostilità dei vertici di Assopopolari, e di gran parte dei presidenti degli istituti interessati, e poi ha suscitato il pragmatismo dei capi azienda che stanno lavorando a operazioni di fusioni o acquisizioni prima dei 18 mesi, tempo entro cui la legge impone alle maggiori dieci banche popolari di trasformarsi in società per azioni abbandonando il voto capitario.

LE CRITICHE AL DECRETO

Sullo sfondo restano comunque i rilievi sulla costituzionali del provvedimenti del governo, sollevati da alcuni legali oltre che nelle audizioni parlamentari, e gli estremi di potenziali ricorsi contro il decreto dell’esecutivo visto che – come si rileva dal parere della Bce sul provvedimento del governo – l’esecutivo non ha rispettato la norma che prevede la consultazione preventiva della Banca centrale europea su provvedimenti del genere.

VERSO IL RISIKO

Al di là di potenziali ricadute legali, c’è comunque la volontà dei vertici degli istituti interessati a trovare una soluzione prima della trasformazione della spa. Le fondazioni bancarie si sono già dichiarate disposte a investire in future banche frutto di fusioni, visto che gli enti devono diversificare gli investimenti in base a un accordo tra l’Acri e il ministero dell’Economia. E i capi azienda delle banche popolari interessate cercando di trovare i partner migliori per fusioni o aggregazioni.

SUBBUGLIO TRA PICCOLI

Nel frattempo c’è subbuglio fra molti piccoli azionisti che lamentano l’impossibilità a vendere le azioni delle popolari. Così, come la Popolare di Vicenza, anche Veneto Banca avrà il suo sistema telematico per lo scambio delle azioni. È quanto è emerso nel corso dell’assemblea di sabato scorso a Montebelluna di Veneto Banca che ha approvato il bilancio 2014 e ha discusso il futuro nell’ambito di una aggregazione in cantiere.

LE DUE STRADE PER VENETO BANCA

Le strade sono due in sostanza, secondo analisti e addetti ai lavori: andare in direzione di Vicenza, come auspicato dal presidente della Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, peraltro in uscita; o andare verso Modena, sede della Popolare dell’Emilia Romagna.

VERSO VICENZA?

Ma rispetto alle dichiarazioni dello stesso Zonin, a Montebelluna in casa di Veneto Banca gli entusiasmi per le nozze con Vicenza non sono troppe. “Troppe rivalità con i cugini vicentini, troppo timore di cadere nel l’abbraccio soffocante del gruppo guidato da Zonin”, ha scritto ieri Marco Ferrando del Sole 24 Ore. Se non mancano sovrapposizioni territoriali, più che sinergie, a spingere per una aggregazione tutta veneta ci sarebbero i grandi soci delle due Popolari: “Fondere i due gruppi equivale alla garanzia di non diluirsi e di non veder deprezzato il proprio investimento, prospettiva ineluttabile nel caso in cui il matrimonio si facesse con una quotata”‘ scrive il Sole 24 Ore, secondo cui sulle nozze storcerebbe il naso la vigilanza unica europea nella “convinzione che da due banche in condizioni di debolezza non possa nascere una forte”.

LO SCENARIO DEL CORRIERE

Ha scritto il Corriere Economia: “Ma quello che ancora non appare chiaro è che il grande vantaggio prospettico di questa operazione deriva dalla particolare situazione delle due: essendo popolari non quotate potrebbero realizzare una fusione carta contro carta, senza tirar fuori un euro. Sarebbe un primo passo verso la nuova normalità richiesta dal controllore europeo, la Bce”. Un primo passo, firmato dai presidenti Gianni Zonin e Francesco Favotto, non il passo definitivo: “Perché basta considerare le dimensioni dell’operazione che si sta studiando tra Banco Popolare e Bpm – ha scritto Stefano Righi sul Corriere Economia – per capire che la banca del Veneto, risultante dalla (ancora ipotetica) fusione tra Vicenza e Montebelluna, non potrebbe sopportare il confronto. Si renderebbe necessario un altro step , nel senso del consolidamento. Per non dire degli aspetti patrimoniali. È già emerso – e le parole di Samuele Sorato, amministratore delegato della Vicenza vanno finalmente nel segno della trasparenza dei fini e dei mezzi – che a Vicenza è già stata autorizzata un’operazione sul capitale per un ulteriore miliardo di euro. Basterà? Numeri alla mano, no”.

VERSO MODENA?

L’altra strada per Veneto Banca sarebbe Modena, sede della Bper, che proprio nella sua recente assemblea ha lanciato segnali inequivocabili verso Montebelluna. Le aree di riferimento della Popolare dell’Emilia Romagna per un’eventuale aggregazione “sono quelle del Veneto e della Lombardia”, ha detto l’ad Alessandro Vandelli. Secondo il capo azienda dell’istituto popolare modenese, Bper guarderà alle popolari e “in prima battuta a chi ha dimensioni simili e più contenute delle nostre”. Ovvero Veneto Banca?

npl

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