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Già dal 2006 (vedi: La sfera di cristallo, ed. 2006 Garzanti libri) e poi in maniera sempre più evidente nelle successive elezioni il voto d’impulso è diventato importante e determinante. Esattamente come era successo alle politiche del 2013 con la crescita esponenziale del M5S nell’ultima settimana, anche questa volta si sono spostate improvvisamente grandi fette di elettorato a favore di Matteo Renzi.

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Una parte consistente dei 6 milioni di italiani che ad una settimana dal voto era indecisa se votare (e tanto più per chi), ha premiato chi dava maggiore fiducia. Nelle ultime 48 ore sono intervenuti infatti molti fattori (soprattutto di tipo emotivo):
– l’annunciato sorpasso di Grillo unito all’uso di toni più aspri e conflittuali ha polarizzato lo scontro e spaventato gli elettori più moderati che hanno voluto “difendere il governo”;
– il bisogno di rassicurazione e di stabilità politica per larga parte degli italiani
– il credito concesso al governo che appare per la prima volta in grado di operare, il buon inizio (quantomeno sul piano comunicativo) dei primi due mesi di governo ha fatto ben sperare gli italiani.
Renzi oggi rappresenta un bacino elettorale molto più ampio di quello del PD e ha saputo incanalare sul voto al PD anche tutta una quota di consensi che erano semplicemente pro-governo, ma non necessariamente per il centrosinistra. Togliendo, di fatto, una quota consistente di voti potenziali dell’NCD di Alfano e di altri partiti

L’astensione: sempre più alta e determinate
Queste elezioni segnano un ulteriore record al ribasso della soglia per elezioni a carattere nazionale. Al 42% di non partecipazione al voto si deve aggiungere quasi un 5% di schede bianche e nulle. Quindi il voto attivo è di poco superiore al 50%, con punte sensibilmente inferiori al Sud e Isole.
Oltre 20 milioni di Italiani si sono chiamati fuori e di questi circa metà sono nuovi astensionisti, la cui composizione è un altro dei parametri che possono aiutare a decifrare il significato di queste elezioni (il 50% di questi provengono dal PDL e/o dal M5s)

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Il flop dei sondaggi tradizionali rende necessario ragionare secondo nuovi parametri per monitorare le dinamiche contemporanee del consenso.
Come abbiamo già evidenziato il “mercato elettorale” assomiglia sempre di più ai mercati di beni e servizi: è più fluido, meno fedele alla marca/partito, più soggetto a fattori di scelta di tipo emotivo, più incline a decidere “davanti allo scaffale/cabina” e, di conseguenza, più sensibile ad una comunicazione ben progettata e condotta con successo.
Va da sé che anche gli strumenti per misurare il consenso debbano evolversi di conseguenza. Non è più possibile basarsi su sondaggi tradizionali condotti due settimane prima del voto (così impone l’insensata legge sulla par condicio) e basate solo su intenzioni di voto secche, seppure ponderate, pesate o quant’altro. Utilizzando le modalità del marketing moderno possiamo prendere in considerazione più fattori. Lorien lo fa già da molto tempo e ha già pubblicato questo genere d’indagine su Italia Oggi proprio due settimane prima del voto.

Il ragionamento si basa su un insieme di diversi fattori critici e parametri su cui misurare il consenso:
1) Il voto solido o fedele: chi ha già deciso con assoluta certezza per chi votare
2) Il voto complementare (mercato politico su cui agire per differenziarsi): chi da un’indicazione di voto, ma prende in considerazione anche altre forze politiche o di non andare a votare
3) Il bacino di simpatia: chi esprime una semplice simpatia per una o più forze politiche ma non ha ancora operato alcuna scelta

Questo esercizio (con tutte le altre analisi ed approfondimenti) fatto nel corso della campagna elettorale è un utile cruscotto d’orientamento i cui indicatori sono anch’essi soggetti a variazioni o modifiche in funzione delle campagne e del contesto competitivo in evoluzione ma sempre meno che il solo indicatore delle “intenzione”.
Il nostro, come tanti altri esercizi di questo tipo, hanno fornito indicazioni e evidenziato larghi spazi di azione per i partiti che
– alcuni hanno sicuramente saputo alimentare nel corso della campagna (PD-Renzi, superando addirittura il potenziale; LEGA; Lista Tsipras e FdI conquistando tutto il loro potenziale)
– altri (M5S, FI e NCD, SE) ci sono riusciti solo in parte mantenendo solo il proprio “voto solido o fedele” o poco più.

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La necessità “mediatica” di trovare una sintesi nella intenzione % di voto secca, se da un lato è comprensibile ed utile ad alimentare la frenesia della notizia nel sistema competitivo, dall’altro rischia di essere una parametro troppo rigido e troppo poco sensibile per misurare la crescente complessità delle dinamiche e dei meccanismi del consenso politico elettorale contemporaneo.

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Tutto cio’ non vuole e non deve essere preso come un tentativo di giustificazione al flop collettivo dei sondaggi politico elettorali, ma uno spunto di riflessione ed uno stimolo a ridefinire modalità, paradigmi e parametri.

I principali flussi di voto
Il successo di Renzi, prima ancora che del PD, oltre che dalla capacità di tenuta di una quota importante dell’elettorato fedele (oltre il 76%), è stato alimentato principalmente da quattro tipologie di flussi:
1) la ri-mobilitazione di oltre 200 mila elettori dall’astensione rispetto alle scorse elezioni politiche (al netto dei nuovi astensionisti persi, pari a quasi 1,8 milioni);
2) la conquista della maggior parte degli ex-elettori di scelta civica/udc (più di un milione di elettori), determinando la scomparsa di scelta europea;
3) la conquista di quasi 800mila elettori delusi dal M5S (flusso avvenuto nella sola fase finale prima del voto)
4) ultimo, ma non meno importante, la capacità di convincere 400 mila elettori di centrodestra (ex PDL) a sostenere il suo progetto.

Oltre a questi:
Il M5S, invece, ha perso soprattutto nei confronti dell’astensione più di 2 milioni di elettori che avevano scelto M5S alle politiche e più di 500.000 delusi che si sono rivolti al PD. Mentre hanno avuto una scarsissima capacità di attrazione di nuovi elettori.
Anche per Forza Italia il fenomeno principale è stata la fuoriuscita di 2 milioni e mezzo di voti verso l’astensione, unito ad un altro mezzo milione che è confluito in NCD. Attenzione: questo bacino di astensionisti di centro-destra non è perso per sempre, si tratta di una parte di elettorato che dovrà essere nuovamente motivata da un rinnovato progetto politico.

La Lega Nord ottiene un ottimo risultato, aumentando di 450mila voti il consenso raccolto rispetto alle passate elezioni politiche, raccoglie qualche decina di migliaia di voti da varie forze politiche (soprattutto di centrodestra) e un netto di 60mila voti dall’astensione.
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