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Il prezzo della crisi greca? Vendesi isole, tocca a Rodi

Vendesi isole greche, prima tappa Rodi: sette investitori si sono presentati ufficialmente per la “privatizzazione” del noto complesso Afandou, in prima fila la prestigiosa London & Regional Properties. Si tratta della prima fase di un processo di gara internazionale condotta dal Fondo per lo sviluppo della Bills proprietà privata (TAIPED) per utilizzare la proprietà in loco. Cinque i soggetti stranieri, solo due ellenici: anche questo è il tragico prezzo che la crisi impone di pagare.
 
La prima fase del concorso è stata completata lo scorso 30 luglio e ieri si sono avuti i nomi, tra cui spicca la London & Regional Properties, una delle più grandi società immobiliari in Europa che gestisce immobili di valore di nove miliardi. Oltre a due fondi americani, uno dei quali è la NHC, che ha un forte interesse, e la Minoan Group Plc. Candidati nazionali sono il gruppo di sviluppo Lamda e la famiglia Latsis Temes Constantakopoulos e sviluppatore di investimenti turistici Costa Navarino in Messenia. Al termine della prima fase del concorso, iniziato a metà marzo, le sette domande di investimento saranno valutate dal Fondo per l´adempimento dei requisiti formali e sostanziali. Nella seconda fase, si presume dopo la metà di agosto, i soggetti interessati saranno invitati a presentare offerte vincolanti. Consulente finanziario al Fondo per il processo di offerta è Piraeus Bank. La struttura a Afandou si trova nella parte nord-est di Rodi, a 20 km dalla città ed include una superficie di 450.000 mq circa, disegnata da Donald Harradine nel 1973.
 
Il nodo non è tanto la volontà di privatizzare, che invece traccia una strada utile e senza dubbio produttiva in prospettiva futura, dal momento che la forza dello stato non consente più investimenti di alcun tipo, non fosse altro perché non saranno sufficienti dieci anni per ripagare la troika del maxiprestito. Quanto iniziare a domandarsi se non era il caso di far partire le privatizzazioni da società dello stato, dai cosiddetti carrozzoni che costano molto all’erario e non producono utili, da immobili come l’ex aeroporto di Atene sul meraviglioso lungomare della capitale (su cui gli arabi avevano messo gli occhi). E non da siti turistici greci, fiore all’occhiello del paese, frutto di anni di sacrifici. Ma la politica ellenica, poco abituata al dibattito e alle domande scomode, decide diversamente.
 
Per questo il quesito da porre sarebbe un altro e lontano anni luce da quei maledetti numeri e da quella politica che continua, nonostante pensioni ridotte all’osso e un paese allo stremo, ancora e irresponsabilmente a comprare armi (il giorno prima delle elezioni, acquistati 14milioni di euro di munizioni per carri armati dall’Olanda): si decide di (s)vendere pezzi di un paese in cambio di altri prestiti utili solo ad andare avanti qualche mese. Ma così il disastro europeo non rischia di acuirsi in maniera irreversibile?
 
Twitter @FDepalo

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