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Numeri e tensioni dell’accordo in fieri Europa e Giappone

Via libera dai governi dell’Unione europea all’avvio di negoziati formali per un trattato di libero scambio con il Giappone. Al consiglio europeo tra ministri del Commercio è stato raggiunta un’intesa, secondo quanto riferito da fonti diplomatiche, per dare mandato alla Commissione europea di iniziare le trattative. Un via libera quindi a dispetto dei timori e delle contrarietà a più riprese espressi dalla case automobilistiche.

In particolare l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, in qualità di presidente dell’Acea, l’associazione dei costruttori, il mese scorso aveva esplicitamente esortato l’Ue a smettere di fare accordi di questo genere.

Le dichiarazioni di De Gucht

Lo corso luglio, invece, il commissario europeo al Commercio, Karel De Gucht, aveva affermato che un accordo di questo genere con il Giappone potrebbe far guadagnare un punto percentuale di crescita l’anno all’Ue e 400.000 posti di lavoro, facendo aumentare di un terzo le sue esportazioni.

Ad ogni modo le trattative con il Giappone richiederanno diversi anni, e spianano la strada ad un potenziale accordo storico visto che messe assieme attualmente Ue e Giappone rappresentano circa i due terzi della produzione di ricchezza mondiale.

Una scelta sbagliata che aprirà gli scambi a senso unico?

Le case automobilistiche europee protestano contro la decisione dell’Unione europea di avviare negoziati per un accordo di libero scambio con il Sol Levante, ribadendo le critiche che da mesi lanciano contro questo tipo di intese. L’Acea, l’associazione dei costruttori Ue, ha “sistematicamente avvertito che un accordo di libero scambio col Giappone avrebbe un impatto negativo sull’industria dell’auto”, si legge su un comunicato.

“Studi indipendenti hanno mostrato che è un accordo a senso unico per l’auto – ha affermato il segretario generale dell’Acea, Ivan Hodac – e questo è quello a cui assistiamo sull’accordo con la Corea del Sud”. Secondo l’Acea l’Ue verrebbe invasa da auto giapponesi: 443.000 mila l’anno in più per il 2020, mentre l’export di auto europee verso il Giappone aumenterebbe in maniera solo risicata di 7.800 unità stimate.

L’associazione parla di “pressioni politiche” sulla Commissione e sui paesi membri per avviare i negoziati. A questo punto l’Acea vuole guardare i dettagli del documento che assegnerà il mandato ad avviare le trattative, nella speranza che includa almeno due punti chiave. Primo, che i veicoli omologati alle normative europee siano accettati in Giappone senza dover subire altri test o procedure. Secondo, che le minicar fatte in Europa possano competere alla pari con la particolare categoria delle kei-car giapponese, mini auto che godono di varie agevolazioni, anche fiscali.


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