Non è un battito d’ali di farfalla europea quello che sta causando uno scossone economico anche in Asia.
La crisi europea e le misure di austerity si stanno ritorcendo non solo contro chi le promuove con più fermezza. Dopo aver colpito il Giappone, in recessione tecnica, gli effetti della congiuntura negativa europea arrivano anche in Cina, soffocando i risultati dell’espansione che l’ha vista protagonista negli ultimi anni.
I dati della BundesBank sulla Germania
In Europa è la stessa BundesBank che, ha ammesso nel suo rapporto di dicembre, che “le prospettive congiunturali si sono deteriorate in Germania”. Secondo Berlino questa tendenza, in ogni caso, non dovrebbe durare e “la Germania imboccherà di nuovo il cammino della crescita” con un Pil in aumento dell’1,9% nel 2014. “I buoni fondamentali dell’economia tedesca fanno sì che l’indebolimento della crescita non sarà accompagnato da gravi conseguenze, in particolare sul mercato del lavoro”. Le previsioni di recupero nei i prossimi anni non nascondono però la gravità della situazione.
Il calo dell’export di Pechino
Le ripercussioni della crisi europea arrivano anche in Cina. L’avanzo commerciale cinese a novembre si è infatti contratto del 38,6% a 19,6 miliardi di dollari dai 32 miliardi di ottobre. Il forte calo è stato determinato da una parte da un risicato aumento (+2,9% annuo a 179,4 miliardi) delle esportazioni e dall’altra dal fatto che le importazioni sono rimaste sostanzialmente stabili a 159,8 miliardi. Questi numeri sono ben sotto le previsioni degli esperti che stimavano un avanzo commerciale pari 27,8 miliardi, con export in crescita del 9,6% e import a +1,9%. Nei primi 11 mesi dell’anno, per quanto riguarda i rapporti le singole aree geografiche, i volumi commerciali sono calati del 4,1% con l’Europa (primo partner di Pechino) e del 2,9% con il Giappone a causa della tensione politica legata alle dispute territoriali; in controtendenza (+8,2%) l’interscambio con gli Stati Uniti.
Le immatricolazioni cinesi e il calo giapponese
In Cina le vendite di nuove auto sono aumentate in novembre dell’8% tendenziale, con i produttori giapponesi che hanno visto ancora perdere terreno a causa delle recenti polemiche tra i due Paesi, anche se in modo meno violento rispetto agli ultimi mesi. Le immatricolazioni di vetture passeggeri e commerciali si sono attestate così a 1,79 milioni di unità (1,66 milioni di unità nel 2011), dato che conferma ancora una volta la Cina come principale mercato automobilistico mondiale. Il dato è stato reso noto dall’associazione dei produttori cinesi. Le vendite di auto giapponesi sono crollate del 36% a 170.200 unità (-59% in ottobre e -41% in settembre). La loro quota di mercato è comunque risalita all’11,65% dal 7,61% di ottobre.
La crisi di Tokyo
Le partite correnti giapponesi a ottobre hanno mostrato un calo (per il secondo mese consecutivo) scivolando del 29,4% a 376,9 miliardi di yen. Il dato, sostenuto dai costanti afflussi di investimenti provenienti da Oltreoceano (a fronte comunque di un peggioramento della bilancia commerciale), è migliore delle previsioni degli esperti, che stimavano una contrazione del surplus a 218 miliardi di yen.
In Giappone l’indice che misura la fiducia dei consumatori in novembre ha continuato a calare, per il terzo mese consecutivo, in particolare per la difficile situazione economica attraversata dal Paese. L’indice generale si è attestato sui 39,4 punti, in calo dai 39,7 di ottobre. Un dato inferiore alla soglia dei 50 punti rileva una percezione negativa del contesto economico superiore alla parte ottimista.