Caro direttore,
siamo entrati in campagna elettorale e quando la battaglia per il governo del Paese si fa dura è difficile andare per il sottile. La salita in campo del presidente del Consiglio ha cambiato, non poco, le carte in tavola. Bersani e Berlusconi erano convinti di avercela fatta, avendo surclassato i competitor interni (Renzi e Alfano). Pensavano di poter avere il monopolio della maggioranza e dell’opposizione e di contendersi l’alleanza di Casini in una posizione ancillare. Il governo tecnico sarebbe rimasto come una parentesi, un incidente della storia da attribuire alla malvagità della signora Merkel e all’eccesso di zelo del presidente della Repubblica. Mario Monti si è messo di traverso a questo processo di “normalizzazione” che puntava a riportare indietro le lancette del tempo. Facendolo, il premier ha molto più da perdere che da guadagnarci.
Poichè la democrazia non è una scienza esatta ma spesso ci azzecca, saranno le italiane e gli italiani a giudicare la scelta di Monti e di quanti hanno accettato di sostenerlo. Un fatto mi sembra però che meriti, a prescindere, un grande e profondo apprezzamento. Monti ha preso la decisione di non spendere il suo nome ma le sue idee. Non ha messo in rete il sito www.mariomonti.it ma www.agenda-monti.it. Non è un dettaglio da poco. Segnala la determinazione di innovare laddove è più difficile: non imboccando la scorciatoia della personalizzazione ma percorrendo il sentiero stretto dei contenuti. Da questo punto di vista, il documento di 25 pagine – non troppe e non troppo poche – rappresenta la sfida più grande di Monti, la vera cifra del suo impegno nell’agone politico.
Il fatto che l’Agenda sia stata considerata dal premier come un documento 2.0, una piattaforma aperta all’interazione costruttiva di cittadini e stakeholder, è una opportunità troppo ghiotta per non essere colta, e valorizzata. Sinora si sono lette in prevalenza adesioni acritiche e critiche a prescindere. Non sono mancate però proposte integrative di un certo valore. Cito fra tutti l’intervento di Francesco Delzio su Formiche.net.
Sperando di non peccare di presunzione vorrei provare ad offrire un ulteriore contributo: l’introduzione di un paragrafo (magari introduttivo) dedicato al valore guida dell’interesse nazionale. Leggi ad nationem e non ad personam aveva detto Monti nella conferenza stampa di fine anno. Non è una ovvietà.
Dichiarare ed esplicitare il valore politico “costitutivo” dell’interesse nazionale può servire a delineare un approccio metodologico che può essere a fondamento dello schieramento di centro e può, peraltro, rivelarsi una utile bussola per districarsi nell’apertura ad altre forze politiche quando si analizzano i singoli dossier in Parlamento.
Scrivere di interesse nazionale, contestualizzandolo dentro il quadro europeo e la cornice atlantica, significa ragionare di politica industriale, di Difesa, di diplomazia, di finanza e di sicurezza avendo un preciso obiettivo. Interesse nazionale può essere un modo non banale per declinare il principio di economia sociale di mercato e cioè descrivere con efficacia il rapporto di equilibrio fra Stato ed economia, con buona pace di “socialisti” e liberisti. Perché non provare a cimentarsi con questa innovazione culturale (innovativa per l’Italia, ovviamente)? Basterebbero poche righe.