Un grande spot elettorale in “salsa” calcistica, nella sede ufficiale della A.s. Roma. L’hanno capito tutti ancora prima che il sindaco Gianni Alemanno (nella foto) entrasse ufficialmente nella sala stampa del centro “Fulvio Bernardini” di Trigoria.
L’unica cosa certa (al momento) è che esiste un accordo tra A.s. Roma e Parsitalia (dell’imprenditore romano e romanista Luca Parnasi) per l’individuazione di un’area (Tor di Valle) per la costruzione di uno stadio da 55 mila posti, bello e confortevole da essere degno anche di ospitare una finale Champions league. C’è anche la benedizione di Alemanno, ma come ha confermato lo stesso numero uno della Capitale, nessun avversario politico, in tempi di campagne elettorali, avrebbe dichiarato il contrario. C’era poi un iper-positivo James Pallotta (presidente dell’A.s. Roma) insieme al nuovo fido Ceo Italo Zanzi, che, da Orlando, ha promesso di inaugurare l’impianto entro (e non oltre) il termine della stagione 2016/17.
La palla a quel punto è rimbalzata nelle mani di Alemanno, forse il momento più delicato della conferenza stampa. Prima “Gianni” ha sottolineato che, con una legge sugli stadi adeguata, si volerebbe (vero, ma, ormai, è decotta e quindi è come se non ci fosse), poi, confermato dallo stesso Claudio Fenucci (direttore finanza del club), si potrebbe aprire la struttura in soli 4 anni e mezzo anche senza legge.
A quel punto ho fatto mente locale e mi sono chiesto: ma quale è l’unico impianto di calcio attualmente di proprietà in Italia? Lo Juventus stadium, senza ombra di dubbio. Tempi di attuazione: 10 anni dalla conferenza in stile Trigoria in quel di Torino.
Piccolo particolare: dietro questa decisione di aprire lo stadio bianconero c’era la famiglia Agnelli, il gruppo imprenditoriale più potente in Italia. Secondo aspetto: il sindaco dell’epoca (Sergio Chiamparino) è volato anche sui muri per accellerare i tempi. C’era una dirigenza che ha spinto in quella direzione, con tutti gli enti locali (regione e provincia) perfettamente allineati. C’era un istituto di credito (l’ICS, la banca dello sport italiano) che ha erogato un importo a tassi di favore. C’è stata una sports-marketing agency tedesca, che ha pagato una cifra folle per poter rivendere i naming rights dell’impianto e ancora oggi a distanza di 5 anni non ci è riuscita (oggi Fenucci ne ha parlato come possibilità per fare ricavi, ma forse si dimenticava del flop bianconero).
Insomma una operazione perfetta, irripetibile anche sotto il profilo politico, e comunque sono passati ben lunghi 10 anni (anche in questo caso senza legge sugli stadi). Quindi a questi 4 anni e mezzo, in un Paese e una città difficile come Roma come ci si arriva? A questo quesito al momento non c’è risposta, se non il sorriso ubriacante del presidente Pallotta, sicuro di farcela (glielo auguriamo di vivo cuore).
E veniamo alla città di Roma e all’area di Tor di Valle scelta per costruire lo stadio. C’è da sanare un depuratore della ACEA, che è un serio problema ambientale; c’è da risolvere l’aspetto dell’ansa del Tevere (a rischio esondazione), c’è da potenziare la rete viaria (problema atavico nella Capitale) su gomma e ferro, e, poi, c’è da lanciarsi in una “gimkana” burocratica (il vero nemico del progetto degli americani), che solo a raccontarla ai media lo stesso Alemanno si dimenticava ogni volta almeno uno dei 10/15 diversi passaggi. Quasi da far tenerezza, per certi versi.
Altro aspetto da non dimenticare: Gianni Alemanno non parte da possibile vincitore per la poltrona di sindaco di Roma, anzi deve rincorrere. Oggi ha acceso i riflettori su di sè, ma a marzo potrebbe essere un altro personaggio politico a lustrarsi le mostrine, con l’incognita locale/nazionale dell’arrivo dei rappresentanti del Movimento 5 stelle, “spina nel fianco” di qualsiasi amministrazione sia locale che nazionale.
Tra tre mesi cambierà tutto il panorama e la scena politica. E’ stata una conferenza stampa troppo affrettata, a mio modesto parere. Un bello spot per Alemanno e la sua futura lista. Da politico navigato se l’è giocata sapientemente (perchè non farlo se te lo consentono), ma per la Roma adesso c’è la “spada di Damocle” del 31.12.2016. Se riusciranno a rispettare questa data, la credibilità dell’intera cordata perderà tanti punti. Personalmente avrei solo annunciato l’accordo e la volontà di iniziare un percorso senza dare alcuna data, perchè nè gli americani, nè Alemanno o chi verrà al suo posto, possono “garantirla”. Certe volte dire la verità vale più di mille promesse (anche elettorali). Ma è l’Italia e anche i soci americani si stanno adeguando evidentemente. Auguriamo loro solo che questo stadio non diventi un “Vietnam” con le porte da calcio. Sarebbe un peccato, perchè si vede che hanno voglia di fare, ma non devono cercare di strafare. Perchè il tifoso romano e romanista è inesorabile e cinico e a passare dalle stelle (e strisce) alle stalle è un attimo. Don’t forget it mr. Pallotta!. Ah ultima annotazione: ma perchè Unicredit era assente al tavolo dei relatori? Singolare, visto che il progetto dello stadio dovrebbe essere condiviso dal socio più importante, fatta eccezione del 60% degli americani. Forse perchè era domenica e nel giorno di riposo del Signore tutte le banche sono chiuse. Sarà sicuramente per questo, ma anche no!