Un minore può crescere in modo equilibrato anche in una famiglia gay. Né vi sono “certezze scientifiche o dati di esperienza” che provino il contrario.
E’ il principio messo nero su bianco dalla prima sezione civile della Cassazione con una sentenza, depositata ieri, che nel respingere il ricorso di un immigrato musulmano ha dato il via libera all’affido di un bambino a una coppia formata da due donne, stabilendo che ‘il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale” dà “per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto famigliare”.
L’uomo, che vive a Brescia, si era rivolto ai Supremi Giudici per contestare la decisione con la quale la Corte d’Appello bresciana, il 26 luglio 2011, aveva affidato in via esclusiva il figlio minore, naturale, che lui aveva avuto dalla sua ex compagna, I.B., alla donna.
Il padre dal bambino conteso faceva anche presente che la sua ex era andata a vivere con una assistente sociale della comunità per tossicodipendenti in cui, anni prima, era andata a disintossicarsi. Secondo lui era dannoso che il minore fosse educato in un contesto omosessuale.
Ma la Suprema Corte ha fatto presente che era stato proprio lui, con la sua condotta violenta nei confronti della compagna della sua ex, ad aver provocato una reazione di turbamento nel minore dal quale, per di più, si era allontanato quando il bimbo aveva appena 10 mesi “sottraendosi anche agli incontri protetti ed assumendo, quindi, un comportamento non improntato a volontà di recupero delle funzioni genitoriali e poco coerente con la stessa richiesta di affidamento condiviso e di frequentazione libera del bambino”.