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Che cosa si cela nella disfida tra super euro e mini yen

L’euro è “pericolosamente alto”. Parola del presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker. L’avvertimento sulla forza della moneta unica non sembra arrivare però all’orecchio della Germania, che continua a voler combattere l’inflazione a ogni costo. Chi ha deciso una svolta monetaria è invece il Giappone dove, sotto la spinta del premier Shinzo Abe, la Banca centrale ha deciso una seria svalutazione dello yen e l’acquisto di euro. In una conversazione con Formiche.net, il giornalista ed editorialista Ugo Bertone, già inviato speciale della Stampa e direttore di Borsa&Finanza, spiega le ragioni della nuova politica e le conseguenze per il mercato europeo.

“Un rafforzamento della valuta europea porterà qualche (modesto) vantaggio sul fronte dell’inflazione e già sta favorendo l’afflusso di capitali sia sui titoli di Stato sia sulle delle obbligazioni societarie, che nei prossimi giorni dell’anno hanno raccolto più dei tre anni passati. Ma le note positive finiscono qui – spiega l’editorialista Bertone – Per l’industria italiana, in particolare, la forte rivalutazione di questi mesi rispetto allo yen (sceso dall’inizio dell’autunno del 25%) e al dollaro (attorno al 10%) equivale a vanificare sul nascere qualsiasi speranza di uscita dalla recessione grazie all’export. Il che, vista l’aria che tira nell’eurozona, dove tutti i segnali sui consumi ristagnano o peggiorano, permette una facile previsione: o l’Europa cambia rotta o nel 2013 sarà ancora notte fonda. Solo Mario Monti, fedele interprete della Merkenomics, vede la luce in fondo al tunnel”.

Ma perché questo improvviso e sospetto amore per una moneta che, solo pochi mesi fa, i saloni di Wall Street davano per spacciata?

“La causa scatenante – risponde Bertone – è quella che gli esperti chiamano l’Abenomics, dal nome del premier giapponese. Meno di un mese dopo la sua elezione, Abe ha già dato il via ad una manovra molto aggressiva. Prima un piano di sostegno all’economia per 116 miliardi di dollari, poi l’ingiunzione al governatore uscente della Banca del Giappone di portare all’1% dal 2% il target dell’inflazione, e a costo di stampare tanta moneta quanto basta”.

“E poco importa – prosegue – se il debito pubblico, peraltro tutto in mano ad investitori di casa, ormai supera il 236%, ed il deficit il 10%. L’importante è far ripartire l’economia (che comunque cresce del 2,2%) e ridurre la disoccupazione (già oggi sotto il 5%). L’arma principale, per questo, è al proposito, la svalutazione dello yen”.

Ma gli altri? Perché accettano la scorciatoia di Tokyo?

“Una risposta arriva da Nomura, il colosso finanziario nipponico. Il Giappone, secondo uno studio della casa d’affari, è pronto a riprendere il posto di primo acquirente di bond Usa al posto di Pechino. Facile capire, a questo punto, la scelta Usa. Washington che si prepara a sfondare il tetto della spesa ed ogni mese innaffia i mercati con 85 miliardi di dollari di acquisti della Fed, non ha nulla in contrario a favorire lo yen debole affiancandolo ad un dollaro solo un po’ meno debole. E gli altri hanno capito l’antifona: il Regno Unito si prepara ad abbassare la guardia conto l’inflazione. Perfino la Svizzera continua a comprare valute estere per abbassare il cambio”.

Qual è la reazione europea?

Secondo l’esperto “l’Unione fa eccezione, e l’euro piace a tutti. Anche a Shinzo Abe, che ha annunciato l’acquisto di obbligazioni emesse dall’Esm, il nuovo fondo europeo, con il risultato di rafforzare la nostra valuta a vantaggio dell’export di Toyota o Sony. Avremo un’economia sempre più debole ed una moneta sempre più forte. Beati i pochi che ne avranno ancora”.


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