Come sarà il 2013? Intendiamo in termini di quelle variabili macroeconomiche che dovrebbero definire la qualità di azione di un governo: crescita del Pil e andamento del rapporto debito-Pil.
La Banca d’Italia con il suo Bollettino economico e la sua stima di crescita del Pil 2013 del meno 1% ha contribuito a eliminare un po’ di incertezza sul 2013, e ad affossare ancora un po’ di più, assieme all’idea che esiste qualcosa chiamato intelligente austerità in recessione, le speranze di tante imprese e famiglie che solo con un’ampia dose di ottimismo potrebbero tornare a stimolare l’economia con maggiore domanda di investimenti e consumi. Ottimismo cercasi, disperatamente. Non lo chiedete però a chi politica economica non sa fare. E sono in tanti.
A studiarlo nei libri di storia economica, il 2013, si può imparare tanto. lI primo ad avventurarsi nel terreno scivoloso delle previsioni 2013, con l’utilizzo allora di una sfera di cristallo, fu il duo Berlusconi-Tremonti.
Animati da indomito coraggio e fantastica verve, chiamati dalla kafkiana Europa a stabilire nel 2008 come sarebbe stata l’economia italiana nel 2013 (ma quanto tempo hanno sprecato i pur bravi funzionari del Tesoro per stimare questo dato allora fantascienticamente assurdo ed irrilevante?) esclamarono: crescita e stabilità! Addirittura stabilirono, allora per ora, una crescita del Pil 2013 dell’1,5% e un rapporto debito-Pil del 90% circa (per onestà, prima degli aiuti alla Grecia). Chiamati ancora ad esprimersi nel 2009 e nel 2010, avendo vissuto un pò di più (ma capito comunque sempre poco) la tempesta perfetta che derivava dalla crisi finanziaria, non si persero di ottimismo: addirittura per il 2013 alzavano le stime di crescita al 2% mentre misteriosamente nel giro di 1 anno modificavano la stima del debito-Pil 2013 di ben …. 25 punti percentuali (!!!) dal 90% dell’anno prima al 115% circa del luglio 2009 e 2010.
Arriva il 2011 e il nostro duo, vedendo il 2013 più a portata di mano, abbandona il bastone del rabdomante e si avventura nel fare stime più possibili, a 2 anni. E come sempre accade, mano a mano che il tempo batte il suo inesorabile ticchettio e ci avvicina alla resa dei conti che solo i dati veri e a consuntivo rappresentano, i nostri decisori di politica economica diventano meno baldanzosi e più realistici. Dal 2% di crescita 2013 tenuto fermo per 2 anni si (ri)passa prima alla previsione di 1,5% nell’aprile del 2011 e poi allo 0,9% del 2011.
2011. E’ qui che i documenti storici mostrano le prime stime della Banca d’Italia fatte nel 2011 sul 2013: esse sono in linea con quelle governative, visto che a luglio 2011 si stima un possibile +1,3% per il 2013.
Insomma Bankitalia e Tesoro uniti ed accomunati nello sbaglio: avere sovrastimato la crescita del Pil 2013, rispetto alle stime pubblicate oggi da Via Nazionale, di solo …. 2,3% punti percentuali circa nel giro di 1 un anno e mezzo (luglio 2011-oggi). Wow. Briciole, n’est-ce pas?
Ma le cose non diventano meno assurde con l’arrivo del nuovo governo guidato dal Prof. Monti.
Che ad aprile 2012 stima la crescita 2013 a +0,5% (come Bankitalia che a gennaio 2012 dava una forchetta dallo 0 allo 0,8%), mentre il rapporto debito-Pil 2013 continua la sua ormai ben nota salita verso l’alto (questa sì che è stata una salita del Prof. Monti) dal 116% al 121% previsto a settembre 2011 e ancora più su.
Passano pochi mesi e, attorno a luglio-settembre del 2012, Bankitalia e Monti all’unisono correggono: scusate ci siamo sbagliati. Non è più +0,5% il tasso di crescita 2013 dell’economia italiana, ma -0,2% .
Ma c’è speranza a Via Nazionale, visto che sempre a luglio 2012 affermano:
“Le previsioni di crescita per quest’anno (2012) e per il prossimo (2013) sono state riviste al ribasso; le attese per la media del 2013 restano coerenti con un’uscita dalla recessione nel corso dell’anno. Secondo la recente Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012 diffusa dal Governo, la dinamica del prodotto, pari a -2,4 per cento nel 2012, rimarrebbe negativa anche nel 2013 (-0,2 per cento). Le valutazioni degli analisti censiti in ottobre da Consensus Economics e le proiezioni più recenti del Fondo monetario internazionale (Fmi) prefigurano un calo sostanzialmente in linea con quello previsto dal Governo per il 2012 e sono invece più sfavorevoli per il prossimo anno (-0,7 per cento). Anche tali previsioni implicano che, su base trimestrale, il Pil smetta di diminuire nel corso del 2013.”
Passano ancora pochi mesi ed eccoci ai giorni nostri. Fortuna per il Prof. Monti che non è più obbligato a stimare il Pil 2013. Ma Bankitalia sì. Ed ecco il miracolo, all’incontrario, menzionato dal Bollettino: dal -0,2% di PIL 2013 passiamo al -1% di oggi. In 3 mesi!
“La stima per il 2013 è stata rivista al ribasso (da -0,2 a -1,0 per cento), per effetto del peggioramento del contesto internazionale e del protrarsi della debolezza dell’attività nei mesi più recenti.”
Ma non preoccupatevi: tutto tornerà al sereno. Nel … 2014? Bravi! Come avete fatto ad indovinare?
“Le nostre stime per il 2013 sono lievemente meno favorevoli di quelle dei principali previsori, con l’eccezione dell’Ocse; la ripresa prospettata per il 2014 è simile per intensità alle valutazioni della Commissione europea (0,8%) e marginalmente più forte rispetto a quelle delle altre organizzazioni (0,5% o 0,6%)”.
Ma certo. Ma certo che no. Perché se si usa il modello sbagliato per capire la realtà si è condannati a ripeterne gli errori di analisi. Come ben ammesso dal Fondo Monetario Internazionale.
Cerchiamo di capire cosa non va nel loro modo di capirla, l’economia secondo Via Nazionale.
Lo possiamo fare nel modo più obiettivo possibile, usando la loro stessa, onesta e sconvolgente, analisi dove si analizza l’errore di previsione tra luglio 2011 (quando la Banca d’Italia prevedeva una crescita del +1,3%) ed oggi, sulla crescita del PIL 2013 (stimata, con un secondo anno di grave recessione, al -1%).
Utile esercizio perché 2,3% di errore in 18 mesi non sono bazzecole.
Bankitalia spiega da dove viene l’errore di -2,3 punti percentuali nella stima e ci dice: gli spread sono andati meglio del previsto, il credito un po’ peggio, ma tutto sommato le due componenti di errore previsivo si elidono.
Ma poi c’è stata l’austerità adottata dal governo (non sappiamo quanto Bankitalia di questa austerità avesse già previsto nel luglio 2011, e quindi se trattasi di errore di valutazione d’impatto di una manovra correttamente prevista o se di semplice mancanza di previsione delle manovre che Monti avrebbe fatto a fine 2011 e nel 2012; ma poco importa qui ai nostri fini) e il Pil è sceso di … 1,1% di più di quanto previsto.
Cioè la metà dell’errore di 2,3% di mancata previsione di decrescita 2013 è dovuto alla stupida austerità. Mamma mia, enorme.
Spiacenti, è di più del 50%. Perché la stessa Bankitalia ci ricorda che “non è possibile escludere che una parte dell’effetto dell’incertezza possa riflettere le misure di riequilibrio di bilancio”, e che dunque altri 0,2% punti del -2,3 siano attribuibili alla stupida austerità.
Finito? Macché. Guardatevi cosa spiega il rimanente 0,9% di errore. Già, avete letto bene: “rallentamento dell’economia globale”. Dunque il nostro export che è andato male a causa del rallentamento mondiale. E siccome quasi metà del nostro export va nell’area euro, chi pensate sia responsabile del fatto che il nostro export ha tirato di meno? Già! La stupida austerità, European style.
Quindi se anche solo 0,4% dei quel 0,9% di errore è attribuibile alla stupida austerità siamo arrivati a … 1,7% di 2,3%.
L’austerità, la riduzione di spesa pubblica e aumento di tassazione dell’ultimo Governo in carica, hanno generato ben 1,7% di PIL 2013 in meno. Con l’annessa maggiore disoccupazione. Chapeau. Specie se si pensa che il rapporto debito-Pil nel frattempo è salito.