L’Europa deve abbandonare la linea dell’austerità e stimolare la crescita oppure la moneta unica continuerà a soffrire. Questa l’analisi contenuta in un report degli economisti dell’istituto bancario francese Crédit Agricole.
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI MARIO (DRAGHI)
Tuttavia i rischi di un fallimento dell’euro sono da scongiurare, almeno fino a quando la Bce sarà guidata da Mario Draghi.
Tra i lati positivi del 2012 – si legge nel dossier – proprio la figura dell’ex governatore di Bankitalia, che come presidente della Bce è riuscito a difendere l’euro, radicando l’idea che fosse necessario difenderne l’esistenza per il bene comune.
Una tesi forte, espressa con fermezza nel discorso dell’ormai celebre “whatever it takes” (tutto ciò che serve) che è valsa a Draghi il prestigioso riconoscimento di Uomo dell’Anno per il quotidiano economico Financial Times.
Un lavoro non facile quello del presidente della Bce, realizzato grazie all’annuncio in settembre di un programma di acquisto illimitato di titoli di Stato a condizioni piuttosto severe. L’entrata in vigore del fondo di sostegno permanente, il Mes, e i passi avanti compiuti sul fronte dell’unione bancaria, con la creazione di un organo di supervisione unico entro marzo 2014, hanno permesso di stabilizzare ulteriormente la situazione.
SI AL RIGORE, MA SU UN PERIODO LUNGO
Secondo Crédit Agricole, la stabilizzazione dei mercati obbligazionari non basterà tuttavia a rendere sostenibile le traiettorie del debito. Indipendentemente dal livello dei tassi, l’assenza di crescita non permetterà infatti di fermare la spirale dell’indebitamento. Il 2013 sarà quindi dominato dal tema della crescita. E, purtroppo, le notizie su questo fronte non sono positive.
Il consenso intorno alle misure di austerità è oggi meno unanime – dice il dossier – con la constatazione amara, ma purtroppo prevedibile, che rigore e crescita non sono conciliabili.
Ciò non significa che la necessità di risanare il bilancio venga rimessa in causa, ma l’ampiezza degli aggiustamenti richiesti necessità di tempi maggiori di quelli previsti; un necessità che anche i mercati sembrano aver compreso.
Il graduale riequilibrio delle finanze pubbliche continuerà in ogni caso a pesare sull’attività economica, ma bisognerà dar corso a misure concrete che rilancino la crescita in modo differente da quello attuale.
NO AL MODELLO TEDESCO
Il modello inseguito fino ad ora – quello della disinflazione competitiva di stampo tedesco – non può funzionare per tutti secondo la banca francese. Questo perché tenere bassi i salari e puntare tutto sulle esportazioni innesca una spirale recessiva se la concorrenza avviene quasi esclusivamente fra Paesi membri che commerciano fra loro, fragilizzati sia sui mercati interni, sia all’estero.
In altri termini, una parte del successo della Germania è dovuto al carattere isolato delle riforme del Paese e la loro generalizzazione rischia di trasformarsi in una fonte d’indebolimento.
In definitiva, la strategia di uscita dalla crisi basata sull’austerità, anche modulata, e sulla conquista di quote di mercato ottenute a spese degli altri Paesi membri non può soddisfare le esigenze di ripresa.
LE PREVISIONI PER IL 2013: TITOLI ED ELEZIONI SEGNERANNO IL PASSO
Quali previsioni dunque per l’immediato futuro? È molto probabile che l’attività economica della zona si stabilizzi nel 2013 a livelli bassi, con una crescita molto fiacca nel Nord e un altro anno di recessione al Sud.
In questa situazione, sussistono tuttavia fattori di sostegno, con una politica monetaria stabilmente accomodante e con tassi a lungo termine tendenzialmente bassi, al fine di accompagnare il processo di disindebitamento in corso. La capacità della periferia di completare l’aggiustamento in corso dipenderà in gran parte dal distendersi delle condizioni globali di finanziamento di tali economie, esse stesse condizionate dalla effettiva attuazione del programma della Bce di acquisto illimitato di titoli di stato.
A detta di Crédit Agricole, la Bce dovrebbe far seguire le parole dai fatti e attivare nel 2013 tale programma, probabilmente per la Spagna, l’Irlanda e il Portogallo.
Bisognerà inoltre fare i conti con un fitto calendario politico e con le elezioni previste in Italia (febbraio) e in Germania (settembre). Anche se i temi di campagna e i discorsi delle frange più estreme, caratterizzati da populismo ed euroscetticismo, potrebbero favorire l’instabilità dei mercati, la parola di Draghi – conclude il dossier – dovrebbe prevenire qualsiasi eventuale movimento di panico, avendo ormai profondamente radicato nelle coscienze il concetto di persistenza della zona euro.