Fuga dei cervelli, crollo delle immatricolazioni, calo delle borse di studio e docenti universitari sempre più anziani. Le piaghe dell’università italiana sono molte. “Se ci fosse una Maastricht delle università noi ormai saremmo fuori dall’Europa”, secondo Marco Mancini, presidente della Conferenza dei Rettori (Crui) che ha lanciato un appello ai candidati premier chiedendo “un impegno subito per salvare le università italiane”.
La necessità di una svolta
“C’è bisogno di una scossa – si legge sul Corriere della Sera che ha dato conto del manifesto-appello – che metta istruzione e ricerca tra le prime priorità dell’agenda-Paese del futuro governo”. Serve “una forte discontinuità con il passato” perché “la politica ci ha messo tra parentesi”, prosegue Mancini.
Il calo delle immatricolazioni
Ma quali sono le emergenze? Il calo costante delle immatricolazioni, per esempio, è il tema di più stretta attualità. Meno della metà (47%) dei diplomati sono attratti oggi dall’università, mentre 8 anni fa erano il 54%. “Aiutiamo le famiglie a pagare le tasse e i contributi – dice Mancini -. Diamo ai giovani qualche chance in più nel percorso dell’istruzione superiore. Altrimenti saremo sempre più lontani dall’Europa, dove invece aumentano immatricolati, iscritti, laureati e cervelli arruolati nei loro Paesi e non costretti a fuggire”.
Sempre meno borse di studio erogate
Ma anche le borse di studio negli ultimi tre anni sono diminuite, con i fondi nazionali che nel 2009 coprivano l’84% degli aventi diritto e nel 2011 solo il 75%. In sostanza accade che a migliaia di studenti (ai quali pure spetterebbe) non viene erogata la borsa di studio.
Docenti più anziani d’Europa
Altra nota dolente, l’età dei docenti universitari che cresce mentre il loro numero diminuisce.
Non c’è una sola situazione uguale in tutta Europa. Oltre il 22% dei docenti ha più di 60 anni, contro il 5,2% di Gran Bretagna, il 6,9 di Spagna, l’8,2 della Francia e il 10,2 della Germania. Solo il 4,7 dei professori universitari italiani ha meno di 34 anni, contro il 31,6% in Germania, il 27 in Gran Bretagna, il 22 in Francia e il 19 in Spagna.
Fuga dei cervelli
Cervelli in fuga? È una emorragia: i giovani dottori che abbandonano l’Italia erano l’11,9% nel 2002 e sono stati il 27,6 nel 2011: più del doppio in appena dieci anni.
Le richieste dei rettori alla politica
I rettori indicano anche “sei misure urgenti per affrontare le emergenze più gravi” che vanno dalla defiscalizzazione di “tasse e contributi per aiutare le famiglie” e fermare l’abbandono a causa della crisi, all’assicurazione della “copertura totale delle borse di studio”. Si chiede poi di “abbattere l’Irap sulle borse post-laurea” e “defiscalizzare gli investimenti delle imprese in ricerca”, di “finanziare posti di ricercatore da destinare ad almeno il 10% dei dottori di ricerca” e “togliere i vincoli al turnover” per arginare la “fuga di cervelli”; “restituire l’autonomia responsabile all’Università” e “incrementare i fondi all’1% del Pil”. “Si dovrebbe fare molto di più, ma vogliamo almeno evitare il collasso”, conclude Mancini