Circa un anno fa su questo blog commentavamo il miracolo del primo sottosegretario nella storia della Repubblica che sottoponeva al Parlamento una qualche informazione precisa sulla situazione dei derivati italiani sottoscritti non da enti locali ma niente meno che dalla Repubblica Italiana, ovvero dal Ministero dell’Economia e delle Finanze di Via XX Settembre a Roma.
Allora non si capì perché a riferire al Parlamento fu un (il migliore!) Sottosegretario all’Istruzione e non uno di, appunto, Via XX Settembre.
Qualcosa ci disse, come uno squarcio nel buio più totale. Poi più nulla.
Qualche settimana fa, al margine di un Convegno (dell’Aiaf), la brava Capo della gestione del debito pubblico italiano, Maria Cannata, dirigente del Ministero, ha comunicato ai giornalisti che la situazione da allora non è mutata, sempre su 160 miliardi di nozionale è il nostro debito. Come l’anno scorso.
Un’occasione meno solenne di quella di un anno fa alle Camere, con meno dati comunicati. Non vorrei che in questo dolce declinare il prossimo marzo tornassimo al silenzio assoluto.
Più rilevanti sono state però alcune frasi che pare abbia pronunciato il Capo del Debito.
1) Il ministero dell’Economia ha costruito derivati finanziari sul debito pubblico per un valore di 160 miliardi di euro e “corrisponde al 10% dello stock. In altri paesi del mondo è più grande e nessuno si scandalizza”.
2) “I derivati – secondo la dirigente del Tesoro – non sono il male assoluto: sono uno strumento che va usato in maniera appropriata”. L’alto funzionario del Ministero dell’Economia accomuna i derivati a “un coltello da cucina che taglia bene la carne, ma puo’ anche uccidere una persona, ma non per questo uno non lo deve tenere in cucina”.
3) Cannata, inoltre, spiega che la mancanza di trasparenza su queste operazioni (“una minore disclosure”) e’ giustificata dal fatto che se fossero rese note tutte le caratteristiche qualche operatore di mercato “potrebbe giocarti contro”.
Immagino queste dichiarazioni siano state riportate fedelmente. Ovviamente essendo la stampa italiana rimasta assolutamente silenziosa su questo tema da allora, come se fosse cosa irrilevante, val la pena farle noi le domande che andrebbero poste al Capo del Debito Tesoro e più in generale al nuovo Ministro dell’Economia:
1) Dal mio libro nel 2001 sui derivati emergeva come allora fosse vero che l’Italia non aveva il debito legato a derivati più grande. La Svezia allora lo aveva più grande sia in valore assoluto che in percentuale del debito. Immagino (immagino) sia così ancora oggi. E anche la Danimarca. E’ anche vero tuttavia che un 10% di debito ancorato a derivati è un valore molto più grande di quello dell’1% che stimavo il Tesoro avesse allora (è importante sottolinearla questa incertezza, perché se il segreto è ancora ampio oggi pensate a cosa era 10-15 anni fa). E soprattutto, Danimarca e Svezia adottano sui derivati una politica di trasparenza pubblica che è imparagonabile a quella italiana, lasciata alle dichiarazioni primaverili di questi due ultimi anni;
2) I derivati possono uccidere, dice Maria Cannata. Come i coltelli. Ma non è che i coltelli non li teniamo in cucina per i loro usi più consoni. Vero, ma facciamo attenzione a che i bambini non ci si avvicinino troppo, a quelli più acuminati. E soprattutto, se non si corrono rischi con questi coltelli chiamati derivati, perché li nascondiamo dalla vista di tutti, come fanno solo gli assassini?
3) La risposta al punto due è nella terza dichiarazione di Maria Cannata: perché sennò i mercati ti giocano contro e ti costano più cari quando li compri, perché il mercato te li raziona anticipando la tua domanda di questi. Vero, ma questo vale attorno ai giorni dell’acquisto. Non a caso Danimarca e Svezia, che ne comprano tanti, non hanno problemi a rivelare tutto o quasi su di essi pochi mesi dopo. E così facendo non danno adito nella comunità finanziaria a cattivi pensieri come quelli che potrebbero avere tante banche come “se lo fanno loro al Tesoro, di non rivelare nulla, non rivelo nulla nemmeno io”. Capite bene come il passo per arrivare all’improprietà o illegalità nell’uso del coltello sia proprio breve.
Basta con questa cappa. Basta. La si finisca una volta per tutte e si dica chiaramente quali sono questi tantissimi derivati su cui sediamo come cittadini. E la stampa una volta per tutte crei una vera campagna su questo. Altro che costi della politica.