Il Wall Street Journal del magnate dell’editoria Rupert Murdoch è finito in una bufera che soffia da Pechino a Washington. Il Dipartimento di Giustizia americano ha infatti aperto un’inchiesta nei confronti dei vertici dell’ufficio del quotidiano a Pechino, accusati di aver pagato alti esponenti del governo cinese per ottenere notizie. L’iniziativa segue un’altra indagine avviata dalla stessa New Corp, l’azienda che possiede il noto giornale finanziario americano.
I dettagli ancora da approfondire
Il Dipartimento di Giustizia ha cominciato le sue indagini grazie alla segnalazione di una fonte secondo cui uno o più dipendenti del Wall Street Journal ha fatto regali ad alti ufficiali cinesi in cambio di dritte, di informazioni utili per il loro lavoro giornalistico. Al momento non si conoscono i dettagli dell’inchiesta. Quello che è emerso è che la News Corp sta collaborando con le autorità americane. Ma non è chiaro se i sospetti informatori in realtà fossero agenti a stretto contatto con i vertici di Pechino e avessero lo scopo di impedire reportage poco graditi nei confronti della leadership cinese. Al momento però non sembra che siano emerse prove schiaccianti su questi contatti.
I rapporti con Bo Xilai
Le accuse riguarderebbero i rapporti tra il giornale e Bo Xilai, un alto dirigente cinese caduto in disgrazia, di stanza a Chongqing. Pare che gli inquirenti stiano passando al setaccio ben 5 anni di attività di reporting da questa zona della Cina. Il signor Bo era una stella nascente del partito comunista cinese sino a quando incappò in uno scandalo legato alla morte misteriosa di un inglese e l’incriminazione della moglie. Nel 2012 il Wsj scrisse molti articoli su questa storia pieni di dettagli, e su come quella brutta storia stesse mettendo nei guai i vertici cinesi. Quindi seguirono altri articoli sulle ricchezze e la corruzione imperante tra gli altri “papaveri” del regime che secondo le accuse non avevano delle verifiche indipendenti.
La versione del Wall Street Journal
L’indagine nasce come un sotto-filone dell’inchiesta in corso in Gran Bretagna contro gli altri giornali del gruppo Murdoch, in particolare il Sun e il News of the World, accusati di intercettazioni illegali e pagamento di tangenti. “Ora – sottolinea Luigi Ippolito sul Corriere della Sera – anche il governo Usa vuole vederci chiaro, perché le leggi americane proibiscono di corrompere funzionari stranieri. E qui si inserisce la vicenda cinese, che secondo il Wall Street Journal sarebbe finito nel mirino delle autorità cinesi per le inchieste sulle ricchezze dei leader del partito comunista, al pari del New York Times, che pure ha avuto i suoi problemi. Entrambi i giornali Usa sono stati vittime di attacchi informatici provenienti dalla Cina”.
La mossa cinese
Secondo il giornalista del Corriere si tratterebbe di “una vicenda paradossale: uno Stato autoritario, dove opacità e corruzione sono la norma, utilizza la legislazione ‘puritana’ dell’Occidente per inguaiare un giornale che prova a penetrarne la cortina di silenzio. Quanto basta per ricordare a tutti qual è la posta in gioco di un’informazione trasparente”, conclude