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Chi sono i lobbisti che criticano Obama sull’immigrazione

Sono oltre 3.000 i lobbisti impegnati nel confronto in corso a Washington sulla riforma dell’immigrazione, a nome di 656 clienti, tra cui figurano anche le aziende private che gestiscono le carceri e che risultano essere tra quanti avranno più da perdere da una riforma complessiva della questione.

“Legalizzare le persone che sono qui e non rafforzare l’azione di incriminazione di quanti attraversano il confine risulterà devastante per l’industria privata delle carceri che dipende veramente dalla detenzione di massa degli immigrati illegali”, ha detto al Financial Times Bob Libal, di Grassroots Leadership, associazione che si batte per abolire un sistema carcerario che punta al profitto.

Secondo il quotidiano della City, queste aziende private avrebbero beneficiato del forte incremento del numero di detenuti determinato dalla cosiddetta “Operation Streamline”, introdotta nel 2005 dall’amministrazione Bush, che ha previsto la detenzione nelle carceri federali delle persone individuate al confine.

Le prigioni create per gli immigrati sono quasi esclusivamente gestite da aziende private, guidate da Corrections Corporation of American (Cca) e Geo Group. Le due imprese hanno speso rispettivamente 17 milioni e 2,7 milioni di dollari negli ultimi 10 anni in azioni di lobbying, ma entrambe hanno negato di voler influenzare la riforma.

“Non facciamo lobby a favore o contro le politiche di immigrazione o per politiche di polizia o detenzione”, ha detto Steve Owen, dell’azienda Cca. Tuttavia la stessa azienda ha informato i suoi azionisti dei rischi posti dalla riforma: i contratti con l’Agenzia americana che si occupa di prigioni, immigrazione e dogana hanno rappresentato il 25% delle entrate del 2011. “Ogni cambiamento riguardo all’immigrazione illegale potrebbe avere ripercussioni sul numero delle persone arrestate e condannate, quindi potrebbe potenzialmente ridurre la richiesta di strutture correttive per ospitarle”, si legge nel rapporto annuale del 2011.

Anche Geo Group, in un documento depositato nel 2011 alla Sec, ha sottolineato che “le leggi di riforma dell’immigrazione al vaglio di parlamentari e politici a livello locale, statale e federale, potrebbero avere effetti negativi su di noi”. Allo stesso modo ha negato di aver “mai fatto lobby, direttamente o indirettamente, su questioni relative all’immigrazione”. Tuttavia, il database previsto dalla legge che regola le attività di lobby rivela che in passato entrambe le aziende hanno fatto pressioni sul Congresso su questioni legate all’immigrazione.


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