La commissione di dieci saggi? Un errore, commenta la politologa Sofia Ventura, docente di scienze politiche all’Università di Bologna, dal momento che le emergenze del Paese sono chiare a tutti ormai da tempo e l’unica altra cosa che avrebbe dovuto fare Giorgio Napolitano era di “dare un governo all’Italia, anche forzando la mano, alla De Gaulle per intenderci”.
Dopo i tecnici i saggi: masochismo italico o ultima occasione per un Paese in agonia?
“Una scelta inutile e triste nella sua inutilità. É l’incapacità di trovare soluzioni politiche alle questioni aperte. Se ci mettessimo nei panni di Napolitano potremmo certamente comprendere tutte le difficoltà del momento, anche il fatto che egli stesso non è più un uomo giovane. Altre soluzioni forse sarebbero state più pesanti per lui, come imporre un governo del Presidente, credo in assoluto la soluzione migliore”.
Sergio Romano sul Corriere della Sera lo definisce “il tempo vuoto della politica”: e se il Capo dello Stato volesse dimostrare che dieci saggi possono più di mille, tra parlamentari, segretari di partito e ministri?
“Il dato chiaro è che sono ben note a tutti le cose da fare con urgenza, in primis la legge elettorale, quindi non c’era bisogno dei saggi. La commissione istituzionale potrebbe dirigersi verso il modello francese, o pasticciarlo così come in passato si è tentato di fare con altri sistemi elettorali. Anche sul versante economico i passi più urgenti sono evidenti già da tempo, e le riforme strutturali più profonde non potranno certo deciderle i saggi. Per questo credo che il punto, più che istituire una commissione, sia nel dare al Paese quello che serve più di tutto: un governo. Napolitano avrebbe dovuto fare, per intenderci, alle De Gaulle, forzare la mano e imporre un esecutivo. Capisco che l’età non lo abbia aiutato in questo”.
Se il tutto si concludesse con un nulla di fatto, dovremmo aspettarci eventi forti e incontrollabili?
“Il nulla di fatto significherebbe immediatamente le elezioni: ma se restassero così come sono ora sia la legge elettorale sia l’offerta politica sarebbe il caos. A destra vedo solo l’immobilismo dato da Berlusconi. Ma se a sinistra l’offerta partitica si evolvesse con Renzi, il Pd potrebbe presentarsi alle urne in condizioni migliori”.
Quale la priorità allora?
“Fare un governo Pd-Pdl ma servirebbero dei passi preliminari. Tra i democrat dovrebbero mettere da parte il segretario, tuttavia sia Bersani sia altri alti dirigenti sembrano attaccati alla follia del ‘no al Pdl’. Immagino che, al termine di queste due inutili settimane con i saggi, il nuovo Capo dello Stato farà un tentativo, disperato, di comporre un esecutivo. Spero partendo da una riforma costituzionale, senza la quale non si va proprio da nessuna parte. Per cui vedo in prospettiva due step: in primis, per me la strada migliore, dove quei pazzi del Pd riescono a mettersi d’accordo con quegli irresponsabili del Pdl, con un governo che duri quel tanto necessario per riprendere un po’di fiato. La seconda che si voti con un Pd guidato da qualcun altro”.
Italia sotto il giudizio dell’Europa: e se a Berlino decidessero di infliggerci un memorandum?
“Sì, ma da chi sarebbe ricevuto? Più che un memorandum direi un commissario, che mettesse in pratica ciò che dovrebbero fare i nostri amministratori. Per ora i Paesi non possono essere commissariati in senso stretto, ma alla fine potrebbe toccare anche a noi”.
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