Il caso Cipro ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica i grandi interessi che la Russia nutre nei confronti dell’isola mediterranea.
Secondo varie stime, gli asset appartenenti a cittadini o società russe – per le quali Cipro costituisce un deposito offshore – ammontavano fino a poche settimane fa a circa 20 miliardi di euro.
Guardando i numeri, si comprende bene dunque l’atteggiamento critico del Cremlino nei confronti del piano di salvataggio della Troika approvato il 25 marzo, che ha imposto all’isola un prelievo forzoso sui conti correnti non assicurati.
La misura ha penalizzato principalmente gli investitori russi, ma anche la reputazione di Cipro come paradiso fiscale, ora irrimediabilmente compromessa.
Eppure la Russia avrebbe potuto evitare il prelievo, prendendo Cipro sotto la sua “tutela”, eventualità che qualche osservatore aveva anche paventato in virtù di un piano di Mosca per aumentare la propria influenza nell’area mediterranea.
Quali motivazioni hanno spinto Mosca a rifiutare il proprio sostegno in apparenza così vantaggioso per entrambe le parti? Le ragioni nell’analisi di Foreign Affairs (Council on foreign relations) a firma di Yuri M. Zhukov.
IL NO ALLE OFFERTE DI CIPRO
Il 19 marzo scorso, l’ex ministro delle Finanze cipriota Michalis Sarris è volato in Russia per chiedere un sostegno del Cremlino.
All’ordine del giorno il prelievo sui conti correnti, ma anche la ristrutturazione del prestito di 2,5 miliardi di dollari che la Russia aveva già accordato nel 2011 alla Repubblica di Cipro, la cui economia è stata messa in ginocchio dai forti vincoli con il settore bancario greco.
Nell’occasione, in cambio di un nuovo aiuto finanziario di 5 miliardi di euro e della proroga di cinque anni a quello precedente, Sarris mise sul piatto diritti esclusivi di esplorazione del gas naturale e petrolio (che stuzzicano l’interesse non confermato di Gazprom e Rosneft), altre opzioni energetiche e partecipazioni di controllo in banche cipriote.
LE RAGIONI DEL RIFIUTO
L’offerta fu rifiutata da Mosca e per molti osservatori occidentali ciò è stato un grande errore strategico, sia per ragioni economiche che geopolitiche.
Eppure le ragioni della Russia, sintetizzabili in tre punti, potrebbero essere più complesse di quanto appare.
In primo luogo, non è chiaro se ci sia mai stato un accordo credibile sul tavolo. Fonti accreditate sostengono che Sarris sia andato a Mosca impreparato, con proposte poco convincenti. In più, il negoziato avrebbe portato via settimane, un lusso che Cipro non poteva permettersi visti tempi ristretti imposti dalla Bce per approvare il piano di salvataggio.
In secondo luogo, la Russia non credeva che un accordo all’ultimo minuto avrebbe cambiato il destino di Cipro. L’isola ha accumulato un debito pari a 5 volte il Pil della nazione. Poco conveniente risanarlo. Il Paese è sotto un’altra influenza, quella dell’Unione europea, cha ha più volte mostrato di non gradire le ingerenze russe. Anche se ci fosse stato un accordo, forse Cipro – in evidente difficoltà politica tra due fuochi – non sarebbe stato in grado di onorarlo completamente.
E in terzo luogo, le perdite russe dal crollo del settore bancario cipriota non saranno catastrofiche. Da ultime stime le perdite russe saranno comprese tra i 4 e i 6 miliardi di euro. Una opzione poco piacevole, ma migliore del buttare denaro in quello che si prefigura un pozzo senza fondo.
In parole povere, la decisione di Mosca di rifiutare un accordo con Nicosia è stato per la Russia un modo è stato per tutelare i suoi interessi a lungo termine.
I PIANI DI PUTIN PER IL RIENTRO DEI CAPITALI
Dietro la scelta di Mosca ci sarebbe anche un piano che prevede un rientro dei capitali, iniziati a fuggire dalla Russia con l’instabilità politica del paese nei primi anni ‘90.
Motivazioni che per il Presidente Vladimir Putin e il Primo ministro Dmitry Medvedev (entrambi nella foto) non avrebbero più ragion d’essere oggi.
Per questo il Cremlino auspica una lenta riduzione del peso dei paradisi fiscali nell’economia russa e il caso Cipro potrebbe essere il classico elemento che inverte la tendenza.
A questo si aggiunge il timore, motivato dalle dichiarazioni del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e rilanciato da JPMorgan, che un prelievo come quello cipriota venga riproposto in altri stati periferici della zona euro.
UNA STORIA D’AMORE NON ANCORA FINITA
Eppure, tutto questo non significa che i giorni russi a Cipro siano finiti. Lo smantellamento del settore bancario di Cipro e il successivo declino degli investimenti esteri e del turismo spingeranno il Paese in una recessione profonda e prolungata.
I nuovi giacimenti di gas appena scoperti offrono un possibile percorso verso la guarigione. Ma le frontiere marittime e i diritti di esplorazione rimangono un importante punto di contesa.
Ciò potrebbe spingere Cipro a ributtarsi tra le braccia del suo vecchio protettore in cambio di un sostegno politico esterno.
In fin dei conti, l’esodo russo dall’isola potrebbe durare meno del previsto.