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Napolitano concede la grazia al colonnello Usa Romano. Ecco perché

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ai sensi dell’ articolo 87, comma 11, della Costituzione, ha oggi concesso la grazia al colonnello Joseph L. Romano III, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d’ Appello di Milano del 15 dicembre 2010, divenuta irrevocabile il 19 settembre 2012, per il rapimento dell’ imam di Milano Abu Omar. “La decisione – spiega una nota del Quirinale – è stata assunta dopo aver acquisito la documentazione relativa alla domanda avanzata dal difensore avvocato Cesare Graziano Bulgheroni, le osservazioni contrarie del Procuratore generale di Milano e il parere non ostativo del ministro della Giustizia.

A fondamento della concessione della grazia, il Capo dello Stato ha, in primo luogo, tenuto conto del fatto che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, subito dopo la sua elezione, ha posto fine a un approccio alle sfide della sicurezza nazionale, legato ad un preciso e tragico momento storico e concretatosi in pratiche ritenute dall’Italia e dalla Unione Europea non compatibili con i principi fondamentali di uno Stato di diritto. D’altra parte, della peculiarità del momento storico dà conto la stessa sentenza della Cassazione che, pur escludendo che il Romano – come gli altri imputati americani – potesse beneficiare della causa di giustificazione dell’ avere obbedito all’ordine delle Autorità statunitensi, ha però ricordato ‘ il dramma dell’ abbattimento delle torri gemelle a New York e il clima di paura e preoccupazione che rapidamente si diffuse in tutto il mondo’; e ha evidenziato ‘ la consapevolezza che ben presto maturò di reagire energicamente a quanto accaduto e di individuare gli strumenti più idonei per debellare il terrorismo internazionale e quello di matrice islamica in particolare’, consapevolezza alla quale conseguì l’adozione da parte degli Stati Uniti di ‘ drastici’ provvedimenti”.

In secondo luogo, il Capo dello Stato, spiega ancora il Quirinale, “ha tenuto conto della mutata situazione normativa introdotta dal d.P.R. 11 marzo 2013, n. 27 che ha adeguato al codice di procedura penale del 1988 le modalità e i termini per l’ esercizio da parte del ministro della Giustizia della rinuncia alla giurisdizione italiana sui reati commessi da militari Nato, consentendo tale manifestazione di volontà in ogni stato e grado del giudizio. In particolare, il sopravvenire di tale nuova disciplina costituisce sicuramente un fatto nuovo e rilevante il quale avrebbe fatto emergere un contesto giuridico diverso, più favorevole – nel presupposto della tempestività della rinuncia – all’ imputato”. In definitiva, con il provvedimento di grazia, il Presidente della Repubblica nel rispetto delle pronunce della Autorità giudiziaria “ha inteso dare soluzione a una vicenda considerata dagli Stati Uniti senza precedenti per l’aspetto della condanna di un militare statunitense della Nato per fatti commessi sul territorio italiano, ritenuti legittimi in base ai provvedimenti adottati dopo gli attentati alle Torri Gemelle di New York dall’allora presidente e dal Congresso americani. L’esercizio del potere di clemenza ha così ovviato a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico, con il quale intercorrono rapporti di alleanza e dunque di stretta cooperazione in funzione dei comuni obiettivi di promozione della democrazia e di tutela della sicurezza”.


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