Passare dalla protesta alla proposta non è mai facile. Proprio in queste ore, i primi parlamentari a 5 stelle stanno sperimentando anche nei sondaggi quanto possa essere complicato muoversi nei meandri della burocrazia.
Ha destato per questo poco scalpore – tranne che nei militanti stessi – la notizia che i grillini siano gli unici a non aver ancora presentato nessun disegno di legge, a differenza degli altri partiti.
Eppure di proposte il Movimento 5 stelle e lo stesso Beppe Grillo ne ha diverse e provengono in larga parte dai meetup, i forum virtuali dove ci si confronta e si mettono a voto le idee; queste vengono poi presentate ai parlamentari, che hanno per codice statutario l’obbligo di perorarle.
Per raccogliere questi dibattiti è nata da pochi giorni la pagina “Proposte ai parlamentari a 5 stelle”; oltre alla già nutrita “Officina democrazia – Economia a 5 stelle”.
Come lecito attendersi, fioccano proposte realizzabili, ma anche tante bizzarrie, frutto di fantasia, scarsa conoscenza dei temi o semplicemente delle risorse necessarie a realizzarle.
Una cosa è certa: possibili o no, molte idee faranno discutere.
UNA SOLA RETE PER VIALE MAZZINI
Il M5s proporrà in Parlamento, come da programma, l’istituzione di un solo canale Rai, senza vincoli verso i partiti, senza pubblicità e la vendita dei rimanenti due canali. “Un’informazione libera è fondamentale per il futuro del Paese e per uscire da Matrix“, ha scritto oggi Beppe Grillo sul suo blog, lanciando un sondaggio on line sulla “vendita di due dei tre canali Rai tramite un’asta pubblica“.
MEGLIO TORNARE ALLA LIRA (E AUMENTARE I DAZI)
Se Grillo – in contrasto con il suo economista di riferimento, Mauro Gallegati – ha annunciato di voler indire un referendum sull’adesione dell’Italia alla moneta unica, c’è che chi fra i suoi militanti guarda già oltre, ipotizzando un ritorno alla lira.
Per Alfonso Apostolico, “la prima mossa che si deve fare è quella di ritornare alla moneta nazionale rivalutata (1 lira = 0,50 euro). Inizialmente si avrà sicuramente un periodo di recessione, ma questo farà bene alle esportazioni del made in Italy“.
E poi “disincentivare la delocalizzazione delle nostre aziende attraverso un monitoraggio e tassazione al momento in cui questi prodotti ritornano su nostro mercato”.
DALL’AGENDA DIGITALE ALLE DECISIONI REALI
Un movimento nato in Rete come quello di Grillo non poteva non avere delle idee sull’Agenda digitale, termine considerato comunque troppo tecnico. In questi casi per loro è meglio parlare di “Informazione e digitalizzazione”. Convinti che l’informazione rappresenti il fondamento della democrazia, hanno elaborato un programma suddiviso in gruppi di lavoro (Stato e cittadini, Energia, Informazione, Economia, Trasporti, Salute, Istruzione) e condiviso in Rete.
Per Alex Curti, responsabile del gruppo di lavoro sulla connettività del Movimento 5 Stelle, il punto saliente dell’Agenda deve essere “l’abbattimento del digital divide e il modo in cui questo si debba raggiungere“. A questo Curti aggiunge “un trasparente ed efficiente utilizzo delle risorse comunitarie e un’ottimizzazione degli investimenti già messi in campo“.
Tra le idee nel programma, alla voce “Informazione”, anche la “statalizzazione della dorsale telefonica, con il suo riacquisto a prezzo di costo da Telecom Italia e l’impegno da parte dello Stato di fornire gli stessi servizi a prezzi competitivi ad ogni operatore telefonico”. Una proposta che molti militanti considerano già sorpassata.
Proprio sulla presunta natura pionieristica sono arrivate alcune delle critiche più forti a Beppe Grillo e al guru della tecnologia Gianroberto Casaleggio. Se da un lato i due dimostrano di aver creato un vero partito-azienda con ricavi di tutto rispetto, dall’altro per il Guardian peccherebbero nello gestire gli strumenti digitali, arroccandosi in uno strumento “vecchio“ come il blog e soprattutto non darebbero alla Rete di scegliere davvero il percorso politico da seguire, prendendo decisioni autonome.
REDDITO DI CITTADINANZA: INTERESSANTE, MA CON QUALI SOLDI?
Tra i punti più controversi e di successo del programma del Movimento 5 stelle, discusso anche nei meetup e a breve in Parlamento, figura l’istituzione di un Reddito di cittadinanza, un sussidio mensile universalistico che andrebbe ad arricchire gli strumenti che compongono il welfare italiano.
Una misura, quella proposta da Beppe Grillo, che ha fatto breccia nelle centinaia di migliaia di disoccupati e inoccupati che costituiscono l’anello più debole dell’Italia della recessione economica.
Per i suoi detrattori il reddito di cittadinanza è uno strumento giusto, ma inapplicabile, perché troppo costoso; per i grillini è invece un paracadute indispensabile in tempi di crisi, oltre che un segno di civiltà in una società troppo attenta al profitto e poco ai bisogni dell’individuo.
Idee che si inseriscono in un dibattito più ampio sulla proposta grillina di “decrescita felice“, un concetto criticato da diversi economisti e imprenditori come Alberto Forchielli.
LEGALIZZARE LE DROGHE PER CONTRASTARE IL FENOMENO
Se dovesse giungere in Parlamento, la proposta del grillino Marino Mastrangeli sugli stupefacenti sarebbe di quelle dirompenti.
Egli vorrebbe che nella legislatura si presentasse “un progetto di legge per legalizzare (non liberalizzare), per tassare, e (con i relativi proventi) per disincentivare l’uso, la produzione e la vendita delle droghe anche in Italia”.
L’idea di Mastrangeli dividerebbe sicuramente le forze in aula, ma non sarebbe inedita nel panorama europeo.
LE IDEE POCO LIBERISTE SU COMMERCIO, SANITÀ E AUTOVEICOLI
Nel settore del commercio Grillo sembra aver iniziato una vera e propria “guerra” nei confronti dei grandi centri commerciali.
In una interpellanza presentata al Senato e alla Camera al ministro dello Sviluppo economico, i primi firmatari grillini Michele Dell’Orco e Adele Gambaro dicono “no alle aperture domenicali selvagge dei negozi, sì al sistema a rotazione ridando un ruolo a Regioni ed Enti locali nella programmazione a tutela dei lavoratori e piccoli commercianti che oggi sono schiacciati dalla grande distribuzione”.
Posizioni che lo allontanano dagli slogan liberisti (ma neanche di sinistra) della campagna elettorale, incentrati sull’esagerata ingerenza dello Stato nella vita dei cittadini, come nel caso di Equitalia della quale Grillo chiede la chiusura. Una posizione, smentita dalla Rete, che però gli consente assieme a quella sull’Irap di aumentare il proprio consenso nel nord leghista delle piccole e medie imprese.
Di sicuro effetto anche una proposta di alcuni militanti sulla “separazione delle carriere mediche pubblica e privata” e una revisione della tassa per il passaggio di proprietà di autoveicoli, interessante sul piano fiscale, ma probabilmente improponibile dal punto di vista della copertura finanziaria.
UNA POLITICA ESTERA SENZA IDEE?
Le proposte del movimento di Grillo, per quanto stravaganti, diventano addirittura incomprensibili se ci si addentra nel delicato frangente della politica estera.
Per l’economista Julie Chon del think tank americano Atlantic Council e strategist di Perry Capital, il M5s “non ha un’idea chiara su come gestirla”.
Una convinzione, quella americana, maturata nel corso dei mesi a seguito dell’ostruzionismo grillino ai tanti progetti che l’Italia, partner strategico degli Usa, ha in piedi con Washington.
Il M5s sta, infatti, lavorando a delle mozioni per il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e per la sospensione del programma sugli F35.
A questo si aggiunge il movimento siciliano No Muos, capeggiato da una pattuglia grillina, che si oppone in Consiglio regionale alla costruzione di un sistema di comunicazione militare a Niscemi, in provincia di Caltanissetta.
Tensioni, quelle fra gli Usa e Grillo, che da un lato cozzano con l’interesse che il comico genovese riscuote oltre oceano e che spiegherebbero i corteggiamenti della diplomazia americana – per ultimo l’ambasciatore in Italia, David Thorne – al Movimento 5 stelle.
A dinieghi sulle iniziative americane si aggiunge quello europeo alla Tav, la linea di trasporto merci ad alta capacità e velocità che dovrebbe attaversare la Val Susa e che ha visto il movimento di Grillo impegnato in un’azione di contrasto condotta prima fuori e ora dentro le Istituzioni.
Con Bruxelles, Grillo ha instaurato già da tempo un’altra battaglia, quella per l’annullamento del pacchetto di provvedimenti di correzione dei bilanci, il cosiddetto Fiscal Compact, considerato dal movimento una delle ragioni della crisi economica europea dettata dalla troppa austerità.