Il 25 Aprile 1953 la rivista scientifica Nature (http://www.nature.com/nature/dna50/archive.html) pubblicava tre lavori fondamentali destinati a modificare la ricerca biomedica successiva e la vita di tutti noi: 1) “A Structure for Deoxyribose Nucleic Acid” di Watson e Crick; 2) “Molecular Structure of Deoxypentose Nucleic Acids” di Wilkins, Stokes e Wilson e 3) “Molecular Configuration in Sodium Thymonucleate” di Franklin e Gosling.
Nei tre articoli veniva definita la struttura tridimensionale del DNA, la molecola in cui è conservata l’informazione genetica. Per questi lavori Watson, Crick e Wilson hanno ricevuto il premio Nobel per la Medicina nel 1962. La morte prematura di Rosalind Franklin per tumore nel 1958 ha impedito che venisse riconosciuto il contributo fondamentale che suoi dati cristallografici avevano avuto nello sviluppo del modello.
Uno dei meriti di James Watson e Francis Crick fu quello di notare per primi che la struttura del DNA offriva una facile spiegazione di come il materiale genetico potesse venir duplicato in modo da trasmettere alle cellule figlie molecole di DNA identiche a quelle presenti nella cellula madre. Un concetto che i due autori hanno sviluppato in un successivo lavoro pubblicato sempre su Nature alla fine di maggio dello stesso anno.
Anche se solo Watson e Crick sono entrati nella cultura di massa, la pubblicazione in contemporanea dei tre lavori sottolinea che ormai i tempi erano maturi per questo risultato che rappresenta un evidente punto di discontinuità tra le ricerche precedenti e quelle successive, tra un mondo scientifico che si interrogava sui meccanismi alla base dell’ereditarietà dei caratteri biologici e quello attuale nel quale il materiale genetico è diventato oggetto di manipolazione da parte dell’uomo.
Il problema di come viene trasmessa l’informazione genetica e più in generale di come da due individui nasca essere vivente simile ai genitori oggi ci sembra banale. Ma fu Francesco Redi nel XVII secolo il primo a dimostrare che un organismo vivente può nascere solo da esseri viventi preesistenti e non per generazione spontanea. Nessuno, tuttavia, aveva la benché minima idea di come fosse possibile giustificare la nascita di un organismo simile ai genitori. Furono sviluppate teorie semplicistiche, come l’Epigenesi o fantasiose come il Preformismo (1600-1700) secondo il quale uomini piccolissimi erano già presenti nella cellula uovo o nello spermatozoo. Come una sorta di bambole matrioske questi homunculi contenevano al loro interno altri uova (o spermatozoi) con omini più piccoli. Tutto creato da Dio agli inizi del mondo. Il dibattito su queste teorie durò fino al XIX secolo quando fu stabilito in modo definitivo che ogni organismo era formato da numerose cellule che derivavano tutte dalla cellula uovo fecondata. Rimaneva però il problema di stabilire quale fosse l’entità in grado di dirigere in modo così preciso questo programma. Se consideriamo la completa ignoranza dei meccanismi che presiedo allo sviluppo dell’individuo e alla ereditarietà dei caratteri, la teoria di Darwin sull’evoluzione delle specie, a differenza di quella di Lamarck (che prevedeva l’erederitarietà dei caratteri acquisiti) mostra ancora di più il suo valore rivoluzionario. Solo con Mendel, nella seconda metà del XIX secolo, inizia a svilupparsi il concetto di gene e l’idea che l’ereditarietà è un fenomeno dovuto ad agenti specifici contenuti nei gameti dei genitori. Tuttavia il concetto di gene nasce come un’astrazione formale alla quale all’epoca non corrispondeva nessuna struttura fisica organica definita.
La formalizzazione della genetica e l’identificazione del substrato molecolare contenente l’informazione genetica fanno parte entrambi della storia del XX secolo e devono la loro apparizione principalmente ad una serie di fisici che hanno radicalmente rivoluzionato il modo di considerare la materia vivente. Grazie a questi studi è stato possibile dimostrare che i geni sono fisicamente localizzati in piccoli corpuscoli sub-cellulari, i cromosomi, contenuti nel nucleo delle cellule e composti da proteine e da un acido nucleico detto DNA (acido desossiribonucleico). Il numero di cromosomi è specifico di ogni specie (in ogni cellula umana se ne contano 46). I cromosomi si duplicano in un momento specifico della vita della cellula. In questo modo quando la cellula si divide per dare origine a due cellule figlie entrambe ereditano una copia di tutti i cromosomi presenti nella cellula madre. Questo, semplificando, è il meccanismo tramite il quale i caratteri ereditari vengono trasmessi dai genitori ai figli.
Ma rimanevano aperte una serie di domande: quale è la molecola presente nei cromosomi che porta l’informazione genica, le proteine o il DNA? E in che modo viene il materiale genetico viene duplicato fedelmente ad ogni divisione cellulare? Queste ed altre domande, relative ad esempio alla mutazione dell’informazione genetica che è alla base della speciazione, sono state affrontate da Erwin Schrodinger (un fisico teorico) in un bellissimo saggio pubblicato nel 1944 e disponibile gratuitamente in Internet “What is life?” Un saggio che ha profondamente influenzato una generazione di scienziati tra cui Watson.
La dimostrazione che l’informazione genetica è contenuta nel DNA viene data in un lavoro fondamentale di Avery, O.T., MacLeod, C.M. & McCarty, M. (Studies on the chemical nature of the substance inducing transformation of Pneumococcal types) pubblicato nel 1944. Fino a quel momento i biologi avevano pensato che i geni fossero formati da proteine.
Ci vollero altri 9 anni prima di arrivare alla definizione della struttura del DNA descritta nei tre articoli pubblicati su Nature con i quali si conclude in modo definitivo un percorso conoscitivo iniziato con il lavoro di Mendel. Il DNA è forse l’esempio più bello della relazione tra struttura e funzione di una molecola; la sua struttura, infatti, suggerisce immediatamente in che modo possa venire sia immagazzinata sia duplicata l’informazione genica. Il DNA è una spirale destrorsa composta da due filamenti antiparalleli e tra loro complementari. Ognuno dei due filamenti è un polimero (come una collana di perle è un “polimero” di perle) formato da 4 differenti nucleotidi: Adenina (A) Timidina (T) Citosina (C) e Guanina (G). La sequenza di questi nucleotidi nel filamento definisce l’informazione genica, un po’ come le lettere dell’alfabeto formano le parole. Un cambiamento nell’ordine delle lettere cambia il significato della parole e del gene. E’ perciò evidente che deve esistere un meccanismo molto efficiente tramite il quale duplicare la molecola di DNA senza cambiarne la sequenza. Questo meccanismo è essenziale per trasmettere ai figli la stessa informazione genetica dei genitori. La soluzione del problema è nella struttura stessa della molecola: ad ogni A su un filamento corrisponde una T sul filamento opposto e ad ogni C una G. Così è possibile separare i due filamenti della doppia elica e utilizzarli come stampo per formarne uno complementare e ottenere due molecole di DNA identiche a quella iniziale. Anche se molto semplificato è proprio quello che avviene in ogni cellula del nostro organismo.
La definizione della struttura del DNA ha messo la parola fine al problema di come l’informazione genica viene conservata e duplicata. Ha anche gettato le basi per tutti gli sviluppi successivi che sono sfociati nelle moderne biotecnologie. Questo processo ha richiesto altre scoperte o invenzioni fondamentali. La prima è stata la decifrazione da parte di Nirenberg e Khorana, Holley (premi Nobel per la Medicina nel 1968) del codice genetico ovvero delle regole che permettono di tradurre l’informazione contenuta nel DNA sotto forma di sequenza di nucleotidi nella sequenza di aminoacidi che costituiscono le proteine. La seconda è stata la metodica per determinare la sequenza di nucleotidi in una molecola di DNA. La tecnica principale, quella che è alla base delle metodiche ancora oggi utilizzate, è stata messa a punto nel 1975 da Frederick Sanger. Per questa scoperta Sanger vinse il premio Nobel per la Medicina nel 1980 dopo aver già vinto quello per la Chimica nel 1958 per il sequenziamento delle proteine. La tecnica usata per sequenziamento del DNA si basa sugli studi sulla biochimica della replicazione del DNA da parte del gruppo di Arhur Kornberg (Nobel per la Medicina nel 1958). Tra gli allievi di Kornberg anche un italiano, il Prof. Arturo Falaschi primo Direttore dell’Istituto di Genetica Biochimica ed Evoluzionistica del CNR a Pavia (ora Istituto di Genetica Molecolare da me diretto) che durante tutta la sua lunga carriera scientifica si è occupato di studiare i meccanismi della replicazione del DNA nelle cellule umane.
L’istituto è stato uno dei principali centri in cui si è sviluppata la biologia molecolare e l’ingegneria genetica in Italia negli anni 70 e oggi è uno dei pochi istituti del CNR dove si continua a studiare la biologia molecolare del DNA, particolarmente i meccanismi responsabili di mantenere la stabilità del genoma. Negli anni 80 e 90 il CNR ha favorito in modo importante lo sviluppo della biologia e della genetica molecolare in Italia con i progetti finalizzati “ingegneria genetica” diretto dal Prof. Arturo Falaschi e “genoma umano” diretto dal premio Nobel Prof. Renato Dulbecco tramite il quale l’Italia ha contribuito al sequenziamento del genoma dell’uomo.
Gli spettacolari sviluppi delle tecnologie del sequenziamento e della manipolazione del DNA (ingegneria genetica) hanno permesso di identificare i geni che, quando mutati, sono alla base di importanti patologie o di modificare micro-organismi, piante e animali (OGM) sia per scopi medici che alimentari. E negli ultimi anni due nuove frontiere si sono aperte: la biologia sintetica, che si prefigge di manipolare il DNA per sintetizzare funzioni biologiche originali non presenti in natura, e l’uso del DNA per lo sviluppo di nuovi computer e sistemi di immagazzinamento dei dati.
Come nel caso di altre scoperte umane, la fase di comprensione di un fenomeno naturale dovuta alla curiosità umana, ha aperto la strada ad un veloce futuro di applicazioni con ovvie ricadute economiche. La speranza è di riuscire a sfruttare al meglio le nostre conoscenze per il bene del paese. In questo senso possono essere utili i progetti bandiera MIUR/CNR come “Epigen” “Nanomax” e “Interomics” tesi a favorire lo sviluppo di tecnologie adeguate per affrontare problemi moderni della tecnologia del DNA.
Per celebrare i 60 dalla definizione della struttura del DNA quest’anno il convegno annuale della SIBBM (Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare) organizzato dal prof. Andrea Mattevi e dal sottoscritto (Pavia dal 5 al 7 Giugno) ha come titolo “Revisiting the Central Dogma: Emerging New Concepts in Replication, Transcription, and Translation” con una sezione dedicata alle biotecnologie e alla biologia sintetica.