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Un nome per il Quirinale: Stefano Rodotà

Nelle ultime settimane, inevitabilmente, è venuta fuori una serie di nomi quirinabili che in queste ore, nell’immediata vigilia della prima votazione per il nuovo Capo dello Stato, sta assumendo connotati di vortice. Alcuni nomi mi piacciono, altri non mi fanno impazzire ma credo comunque potrebbero andare bene, altri ancora sono di persone stimabilissime e molto brave nel loro lavoro ma probabilmente inadatte al ruolo, infine ci sono quelli che non mi piacciono e basta.

Tra i nomi che mi piacciono, in cima alla lista, c’è quello di Stefano Rodotà.

Le ragioni che mi portano a preferirlo sono diverse, e sufficientemente confuse. Intanto Rodotà è espressione culturale del partito che – piaccia o meno – ha la maggioranza in Parlamento, ha un buon seguito anche nella galassia 5 Stelle e non si vede ragione per la quale il centro destra dovrebbe temerlo. Sarebbe dunque un Presidente di garanzia per tutti e allo stesso tempo ben rappresenterebbe l’unità nazionale.

In più, ha grande competenza costituzionale, ha esperienza sia istituzionale che politica. E nonostante questo, è difficile catalogarlo come uomo di partito. Aggiungo, è un laico, ma non un laicista. Ed è una persona che ha sempre dato prova di indipendenza. Insomma, ha tutte le voci del curriculum a posto. Come altri.

La cosa che mi porta a preferirlo agli altri è di tipo personale, ma in un blog è ammessa una valutazione personale. Ed è il fatto che Rodotà maneggia con grande delicatezza e rispetto la parole forse più bella tra le tante scritte nella Costituzione: diritti.


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