La Gabanelli? “Non ha la sufficiente esperienza, ma la proposta sarebbe stata più plausibile” se i grillini avessero puntato su Rodotà, lascia intendere Carlo Galli, docente di storia delle dottrine politiche all’Università di Bologna e da due mesi deputato del Pd.
Dalla base grillina è emerso il nome della giornalista Gabanelli: i pro e i contro.
“Secondo me non è un nome spendibile per i motivi che ella stessa adduce, cioè la totale inesperienza politica, tenuto conto che il Capo dello Stato sta diventando sempre di più un attore politico fondamentale della Repubblica. Non per il fatto di essere donna, o brava giornalista, si può essere eletti sul Colle. Quello adottato dal M5S è un modo per strumentalizzare le persone, la loro proposta ha un significato politico che va al di là del merito del nome speso. Ovvero le sfide di contestazione del sistema nel suo complesso. Tutto ciò senza nulla togliere al valore umano e professionale della giornalista”.
Se i grillini avessero, ad esempio, puntato su un altro nome meno inesperto come sarebbe cambiato il peso della loro indicazione?
“Devo dire che la proposta sarebbe stata ben più plausibile se fosse stata tarata su un candidato con reali chanche, come è stato poi fatto, correggendo in parte la prima designazione. Mi riferisco a una personalità come Stefano Rodotà, che invece ha nel merito non solo le caratteristiche del grande studioso sempre coinvolto nella politica come persona e come qualità e argomenti del suo pensiero, ma anche l’esperienza personale idonea. Un nome del genere ha un significato di sfida – non fuori merito – al sistema politico. E avrebbe messo forse in imbarazzo i partiti ai quali il M5S si rivolge con tanta aggressività”.
L’outsider di oggi è Sabino Cassese, ma dal Nazareno trapela un certo pessimismo. Forse perché piace al Pdl, assieme ad Amato?
“Francamente che Amato possa essere gradito al Pdl non mi giunge nuova e potrebbe avere un senso, al di là del fatto che Amato esisteva e faceva politica ben prima del Pdl, avendo una storia personale importante che travalica le contingenze della morente seconda Repubblica. Ma che Cassese abbia qualcosa che lo rende tanto gradito al Pdl quanto sgradito al Pd mi riesce difficile crederlo. Conosco scientificamente Cassese e Rodotà, su cui non ci sono stati veti, sono due studiosi diversi ma che rientrano nel medesimo profilo: progressisti, equilibrati, strettamente legati ai valori fondanti della Costituzione. Per la specificità del suo insegnamento, Cassese si è un po’ meno esposto sul fronte della polemica politica. Ma non dovrebbe essere questo il metro con cui misurare le candidature”.
Ma se si adottasse lo stesso modus per l’elezione di Napolitano, ovvero i soli voti del centrosinistra, si direbbe addio alle larghe intese invocate proprio dal Presidente uscente?
“Segnalo che nel Pd non c’è apertamente una posizione favorevole al governo di larghe intese. Se si intende la presenza di pari peso e livello di ministri pienamente politici provenienti dall’una e dell’altra parte, allora su questo non c’è apertura tra i democratici. Se invece si intende un qualche livello di collaborazione, allora si deve discutere, vi sarebbero molte convergenze. Si tratta della collaborazione che chiede Bersani, ovvero un semplice lasciar nascere un governo da parte del Pdl, che troverebbe compenso sia nell’essere coinvolto nella scelta del Colle sia nell’avere la guida di una commissione bicamerale”.
Ci sono poi quelli che credono in un esecutivo di scopo…
“Sarebbe una cosa ancora diversa, non presieduto da Bersani ma da una personalità che si affidi a personalità magari non di prima fila, ma tecnici d’area, per la durata nell’ordine dei mesi o fino all’anno. E realizzare un determinato programma sulle modalità attuate ai tempi del governo Ciampi. Sarebbe, tra l’altro, un altro modo per collaborare con il Pdl. Per venire alla sua domanda, in caso di nome eletto al Colle senza il concorso del Pdl la prima risposta sarebbe nessuna collaborazione. Ma, aggiungo, potrebbe non essere così, ovvero in caso di un nome non completamente sgradito e non vissuto come un nemico”.
Al momento, ma senza troppo clamore, persiste il nome di D’Alema.
“Dal Pdl è considerato un avversario, ma non hanno nei suoi confronti un atteggiamento di avversione”.
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