Pierluigi Bersani si dimetterà solo dopo l’elezione del capo dello Stato. Mentre il presidente del Pd, Rosy Bindi, si è già dimessa dopo il fallimento di Romano Prodi come nuovo capo dello Stato per colpa di 101 franchi tiratori del Pd che non hanno votato l’ex presidente della Commissione europea nonostante lo avessero acclamato stamattina nel corso dell’assemblea dei grandi elettori del Pd.
Strano, comunque, che Rosy Bindi non si sia dimessa ieri quando c’è stato un più ampio numero di franchi tiratori che hanno impallinato Franco Marini. Ma evidentemente per la Bindi è più grave affossare la candidatura di Prodi che quella di Marini.
Quanto a Bersani, l’annuncio è il minimo che si potesse aspettare da un leader che ha fallito il tentativo di formare un governo di minoranza con l’appoggio esterno del Movimento 5 Stelle; ha fallito il progetto di un nome condiviso per il Quirinale perché Marini non ha avuto a sorpresa il sì compatto del Pd nonostante Marini fosse stato un fondatore del Pd; segno di uno scollamento tra leadership del Pd e la base parlamentare; ha fallito anche nel candidato di bandiera Romano Prodi acclamato nel corso dell’assemblea dai grandi elettori del Pd in mattinata e poi cecchinato in Parlamento.
“Abbiamo prodotto una vicenda di una gravità assoluta”, ha detto Bersani ai grandi elettori del Pd. “Sono saltati meccanismi di responsabilita’ e di solidarieta’”, ha aggiunto: “Oggi è stata una giornata drammaticamente peggiore di ieri”.
La deriva del Pd merita di essere fermata, o quanto meno arrestata, con un cambio deciso di leadership. Anche se anche il concorrente interno a Bersani, Matteo Renzi, non ha mostrato una migliore e più incisiva leadership. Infatti prima ha ostacolato con successo l’ipotesi Marini e poi caldeggiato quella di Prodi, ma con scarso successo visti i risultati.