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Prodi secondo Prodi

Come l’araba fenice, il nome di Romano Prodi “risorge” nel centrosinistra ogni qual volta ci si avvicina a una battaglia politica.
L’ex presidente del Consiglio, malgrado una vita istituzionale piuttosto “turbolenta”, è considerato dal popolo del Pd una sorta di mostro sacro, l’unico capace di mettere al tappeto per due volte Silvio Berlusconi.
Ecco che allora, tramontata l’ipotesi Franco Marini, il nome a sorpresa di Pierluigi Bersani da spendere per il Quirinale è quello del professore emiliano.
Cattolico, moderato e – dettaglio importante di questi tempi – uno dei “padri” dell’euro, che presidente della Repubblica sarebbe Prodi? Scopriamolo attraverso le sue ultime dichiarazioni ed editoriali su Europa, costi della politica, mondo cattolico e crisi economica.

TASSE, UN PROBLEMA MONDIALE
Per Romano Prodi sono le tasse il vero tallone d’achille del mondo occidentale, schiacciato da sovrapproduzione, bassi consumi, disoccupazione e pressione fiscale.
In un articolo comparso sull’Unità, il professore si è lasciato andare a una confessione personale. “Chi parla di tasse – ha evidenziato – oggi perde le elezioni e io ne sono un buon testimone, perchè avevo un vantaggio ampio ma poi ho vinto di poco”.
Spostando poi il baricentro sull’austerità: “Questo delle tasse è un problema che sta condizionando ogni democrazia del mondo – ha sottolineato – è un problema molto serio, perché ci sono difficoltà enormi ad affrontare i problemi di lungo periodo”.

LONTANO DAL LIBERISMO THATCHERIANO
A poche ore dalla morte di Margaret Thatcher, l’ex presidente del Consiglio non si è unito al coro di chi l’ha elogiata.
Riconoscendole un ruolo importante nella storia recente, in un articolo per il Sole 24 ore Prodi ha colto l’occasione per criticarne il modello economico, attribuendole le colpe della moderna crisi globale.
In una prima fase Margaret Thatcher – scrisse – interpretò bene il pensiero comune antiburocrazia e ciò le valse una straordinaria popolarità ma in un secondo momento, oggi va detto con la franchezza e serenità di analisi che permette la distanza di tempo da quegli anni, la dottrina Thatcher aumentò le disparità tra ricchi e poveri”.

QUALE IMPEGNO PER I CATTOLICI NELLA VITA PUBBLICA?
In una lettera inviata il 13 gennaio scorso al Corriere della Sera, Prodi definì i contorni di quello che deve essere per lui l’impegno dei cattolici nella vita politica.
La collocazione dei cattolici militanti in diverse caselle politiche (evento che ritengo importante e positivo per la storia religiosa e politica italiana) – disse – è… un fatto scontato, quasi ovvio”.
Poi una stoccata al centrodestra: “Occorre che sia dato un adeguato spazio al contributo dei cattolici e che essi, da parte loro, si facciano apprezzare per la qualità della proposta politica e non utilizzino l’appartenenza cattolica come rendita di posizione”.

CONTRO LA CORRUZIONE E I COSTI DELLA POLITICA
L’ex presidente del Consiglio si è speso anche per un aumento della moralità nelle vita pubblica ed economica, che ritiene possibile solo attraverso una rinnovata stagione di riforme.
La corruzione – scrisse sul Messaggero – sta erodendo le basi stesse della nostra democrazia. È sconcertante che, di fronte al giustificato risentimento dell’opinione pubblica, la legge anticorruzione sia da più di tre anni ferma in parlamento e, ancora in queste ore (7 ottobre 2012, ndr), essa sia oggetto di più o meno aperto ostruzionismo“. Chiaro il riferimento a Silvio Berlusconi, che proprio per questo, a detta di molti commentatori, vedrebbe Prodi al Quirinale come fumo negli occhi.
Questa legge – aggiunse – va approvata subito e va accompagnata da provvedimenti atti a limitare decisamente i costi della politica, agendo in tre direzioni: una drastica riduzione delle esorbitanti risorse destinate a partiti, istituzioni e apparati pubblici; l’attivazione di controlli efficaci affidati ad autorità esterne ed indipendenti e l’obbligo di trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche”.

OCCHIO AL POPULISMO
Sempre sul Messaggero, Prodi ha però evidenziato il pericolo di rincorrere le facili sirene del populismo.
L’etica – disse – non sia da sola sufficiente a riformare nel modo corretto la società in cui viviamo. Essa deve essere tradotta in efficienti misure di buon governo. Vedo infatti che, fronte a questo evidente degrado, anche quando le istituzioni si preoccupano di dare un messaggio di riconquistato rigore etico, lo fanno spesso con strumenti e decisioni che, pur perseguendo un obiettivo lodevolmente moralizzatore, male si prestano ad affrontare i problemi del funzionamento della nostra economia e delle nostre istituzioni. Stiamo ben attenti a non cadere in quest’errore, anche se tutto ciò può fare contento il popolo sovrano. Non si possono fare le riforme solo con lo scopo di rincorrere i lazzaroni”.

IL RILANCIO DELL’INDUSTRIA TRA SCUOLA E RICERCA
Mentre l’economia reale attraversa una fase di continuo impoverimento, Prodi ritiene che la strada maestra per uscirne sia quella di intensificare i rapporti tra mondo dell’istruzione e lavoro. “È una sfida, quella del manifatturiero, che non possiamo perdere. O l’industria va avanti o marcisce. Politiche industriali europee, di ricerca, di innovazione, di qualità del lavoro manuale. Insegnamenti utili per l’Europa, ma soprattutto per l’Italia”.

NON SI VIVE DI RIGORE
In linea con l’opinione del Partito Democratico e di tutte le forze progressiste europee, anche Romano Prodi ritiene la troppa austerità uno dei freni alla ripartenza dell’economia nel Continente.
Come sostiene il Fondo monetario internazionale, le politiche fiscali austere – rimarca – non possono essere l’unico strumento in mano ai governi. Tutto questo si traduce nel consiglio di dare più tempo ai governi per mettere in atto l’aggiustamento dei bilanci dei paesi in difficoltà. Questi messaggi sono rivolti a tutto il mondo ma sono particolarmente validi per l’Europa, dove la necessità di cambiare marcia è sentita più che in ogni altra zona”.


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