“Romano Prodi? La sua elezione a presidente della Repubblica sarebbe molto simile a quella di Papa Francesco”.
A tracciare questo parallelismo è Carlo Marroni, vaticanista del Sole 24 ore e conoscitore dei rapporti tra politica e mondo cattolico.
Marroni, uno dei pochi giornalisti ad aver previsto l’elezione a Pontefice dell’allora Cardinale Jorge Mario Bergoglio, utilizza il paragone per evidenziare la carica dirompente che accomuna entrambe le figure, considerate nei loro rispettivi ambienti personaggi di “rottura” con i vecchi schemi, secondo la visione di Marroni.
In una conversazione con Formiche.net, lo scrittore e giornalista senese affronta i complessi rapporti tra Prodi e il mondo cattolico: dal sostegno dell’associazionismo alle tensioni con la Cei del Cardinale Camillo Ruini.
IL PUNTO DI ROTTURA
Per Marroni, la fine dell’amicizia tra Romano Prodi e Camillo Ruini ha una data precisa e riguarda l’impegno in politica del professore. “La conoscenza tra i due – ricorda lo scrittore e giornalista del Sole 24 ore – risale a molti anni fa. Sono conterranei e Ruini, quando era ancora un vescovo ausiliare di una città di provincia come Reggio Emilia, celebrò le nozze di Prodi. Erano molto legati. I rapporti tra i due si complicarono quando nel 1995 il professore accettò di diventare leader del centrosinistra. La scelta non piacque a Ruini, che nel frattempo era diventato presidente della Cei e forse per lui aveva altri progetti o comunque non condivideva quelli che aveva intrapreso”.
LE TENSIONI TRA I DUE
Gli attriti tra Prodi e Ruini continuano negli anni, fino a raggiungere il loro massimo grado nel 2006, quando il professore diventa per la seconda volta presidente del Consiglio. “Già nel 2005 – richiama Marroni – i rapporti tra i due erano tesissimi. Prodi, in occasione del referendum sulla fecondazione assistita disse la famosa frase: “Sono un cattolico adulto e vado a votare”. Ovviamente il referendum non raggiunse il quorum a causa di una bassa affluenza, circa il 24%. Non aveva speranze di passare e sia Ruini che il professore lo immaginavano. Ma le parole di Prodi bastarono a incendiare gli animi. Così un anno dopo, quando il professore andò di nuovo al governo, la Cei iniziò a fargli una lotta senza quartiere”.
CATTOLICO PER UNA POLITICA LAICA
Le ragioni dei contrasti con il Vaticano risiedono per Marroni anche nel modo piuttosto libero di Prodi d’intendere l’impegno politico, che considera del tutto slegato dalla propria appartenenza religiosa.
“Prodi non ha mai creduto nella politica cattolica, anzi, si può dire che politicamente sia stato un vero laico, molto più di Berlusconi ad esempio. Nei suoi confronti c’è un atteggiamento duplice da parte del mondo cattolico. Da un lato è molto amato dall’associazionismo, dai missionari anche laici, dai cattolici di base; si è sempre rifatto a una visione conciliare della Chiesa, che per lui deve avere un atteggiamento dialogante. È molto vicino alla Scuola di Bologna di don Giuseppe Dossetti e allo storico Giuseppe Alberigo. Dall’altro è invece guardato con sospetto dai vertici ecclesiastici, non solo per la sua libertà sui temi etici, ma soprattutto perché da cattolico praticante qual è gli viene richiesta paradossalmente molta più terzietà. Le critiche e le opinioni di Prodi – continua Marroni – toccano la Chiesa perché lui proviene da quel mondo. Può dire e dice la sua, generando situazioni che per il Vaticano è difficile fronteggiare”.
UN PRESIDENTE RISPETTOSO
Allora nel caso di elezione, quale sarà l’atteggiamento di Romano Prodi presidente della Repubblica? “Credo che sarebbe un presidente profondamente rispettoso sia del Vaticano che del ruolo del governo e del Parlamento. Farebbe, proprio perché cattolico, estrema attenzione a quel che fa e dice, tenendosi ben lontano dal sospetto che possa influenzare l’azione politica. D’altronde Prodi è una figura atipica nel panorama italiano. Tanto per cominciare è uno dei pochi politici di grossa caratura che va a messa. Potrebbe sembrare una banalità, ma per tanti motivi non lo è. E poi perché come nel caso di Scalfaro, inviso alla Chiesa che gli ha preferito di gran lunga laici come Ciampi e Napolitano, Prodi è la dimostrazione che non sempre i vertici ecclesiastici gradiscono un cattolico nelle più alte cariche. Se ci sarà da firmare qualcosa che andrà contro gli interessi della Chiesa – conclude Marroni – Prodi non si farà problemi. Per certi versi, una sua elezione ricorderebbe quella di Papa Francesco: entrambi potrebbero essere figure di rottura e discontinuità, che scardinano gli attuali schemi”.