“Scegliamoci la Repubblica”, è l’iniziativa proposta dal costituzionalista Giovanni Guzzetta per chiedere al Parlamento di indìre un referendum di indirizzo e abbracciare il sistema semipresidenziale, scegliendo direttamente il Capo dello Stato (“perché non avremo sempre Napolitano”, osserva il costituzionalista). Opzione su cui oggi si è espresso favorevolmente anche Matteo Renzi dalle colonne di Repubblica.
Professor Guzzetta, è uno strumento per bypassare soluzioni tampone e la cosiddetta sindrome italica dell’emergenza?
“La crisi del debito pubblico ha fatto saltare l’equivoco sul quale viviamo da decenni: un sistema politico impotente, incapace di assumere le decisioni significative per il paese. Che può fare solo una cosa: non essendo in grado di scegliere e quindi di selezionare le domande, accontenta tutti, distribuendo clientelarmente risorse a pioggia. Ciò era possibile fino a quando eravamo in condizione di spendere, indebitandoci e scaricando sulle generazioni future la nostra irresponsabilità”.
Ma quelle generazioni oggi non hanno più risorse…
“E’ la ragione per cui il nostro paese, che si fonda su un sistema politico impotente, ormai è saltato. E’ necessario fare le riforme se non vogliamo avvitarci in un crisi buia e dagli esiti imprevedibili”.
Perché l’elezione diretta del Presidente della Repubblica?
“Gli ultimi due decenni di tentativi riformistici, a partire dal referendum del ’93 sul maggioritario, hanno dimostrato che purtroppo il sistema di partiti non è in grado di realizzare una ristrutturazione in chiave di forte aggregazione tra poli, che è l’unica alternativa possibile al semipresidenzialismo. L’ipotesi di un premierato forte è fallita sulle ceneri della Seconda Repubblica. Come gli eventi di questi giorni dimostrano, nel momento i cui ci si trova nell’epicentro della crisi, non sono certo i pariti in grado di assumersi la leadership del paese ma devono ricorrere al Presidente della Repubblica: la figura che mantiene la coesione e offre l’indirizzo per la soluzione”.
La Terza Repubblica come frutto della legittimazione popolare dei cittadini: perché invece sembra che, nonostante la rete, le primarie e più diritti, alla fine gli elettori sono tagliati fuori dalle decisioni?
“Il principale rischio di ogni sistema politico è tendere a castizzarsi. Funzionano meglio quelli che hanno dei meccanismi che consentono di spezzare il circolo dell’autoreferenzialità, come scelte che, ricondotte direttamente ai cittadini, fanno saltare la tendenza oligarchica. Abbiamo certamente fatto passi in avanti, come la rete e le primarie, ma sono tutti stati finalizzati alla logica del sistema partitico. Ed esso, come dimostra la vicenda del partito più partito che abbiamo in Italia, il Pd, non si è mostrato in grado di autoriformarsi. Per cui serve che il potere di determinazione che hanno i cittadini si rivolga verso un soggetto come il Capo dello Stato, capace di assicurare il buon funzionamento del sistema, che i partiti da soli non sono in grado di realizzare. I partiti devono essere disciplinati da qualcuno che abbia la legittimazione per farlo. Niente altro di ciò che sta facendo Napolitano”.
Un carico affidatogli che è di natura eccezionale per una Repubblica parlamentare…
“Certo, ma proprio perché non avremo sempre Napolitano e non possiamo permetterci di vivere in un impasse senza la carta Napolitano, allora occorrono meccanismi più fisiologici. Il voto segreto del parlamento sul Colle va bene quando il Capo dello Stato è una figura di contorno. Ma nel momento in cui diventa il principale attore non può essere lasciato ai franchi tiratori o alle convulsioni di un sistema politico”.
Però il documento dei saggi di Napolitano ha già bocciato il sistema francese: sfrenato conservatorismo o poca voglia di confrontarsi con una competizione vera?
“La vicenda dei saggi sul semipresidenzialismo è addirittura paradossale, il principale veto è giunto da Violante del Pd, ma il suo stesso partito non ha scartato l’ipotesi francese in passato, anzi. Dal momento quindi che le forze politiche non hanno l’accordo, si faccia come all’origine della Repubblica: lasciare la scelta ai cittadini”.
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