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Ecco perché il Pdl snobba (o teme?) Renzi premier

Matteo Renzi? Sarebbe “il bacio della morte per il Pdl, in quanto democristiano e politico di razza”. E’ l’analisi ironica di Gianfranco Rotondi, che lo epiteta come uno “da maneggiare con prudenza”. Il deputato del Pdl, un lungo passato di formazione e militanza nella Dc, ritiene che sia un’illusione “pensare che Renzi venga a dare una mano a noi, al contrario sarebbe per il Pdl il bacio della morte, nel senso che è un diversamente antiberlusconiano”. E aggiunge: “E’ l’evoluzione del veltronismo, anche Veltroni dialogava con Berlusconi e sappiamo come è finita, in questo caso alla formazione comunque comunista dell’ex sindaco di Roma si sostituisce un’astuzia democristiana da Oscar. Per cui al posto di Berlusconi sarei molto più prudente”. Rotondi conferma le perplessità miste a stima per il sindaco di Firenze espresse anche da altri esponenti del Pdl come Giancarlo Galan e Sergio Pizzolante.

Renzi possibile premier? “Un disastro – è il ragionamento dell’ex ministro del governo Berlusconi – in quanto Renzi viene presentato come uno statista moderato. La realtà è che va, come si diceva una volta, contestualizzato: chi è e dove nasce. Quando si aggiudicò le primarie come sindaco io dissi ‘occhio al ragazzo, è lui l’uomo nuovo della sinistra’. Quindi ho un copyright”.

E racconta di averlo detto con così tanta determinazione “perché ne avevo capito la razza, un esemplare classico di quella straordinaria scuola-quadri che era il Movimento giovanile democristiano”. Che si fondava sulle “sue parole d’ordine, sulla sua tattica, e che fanno di lui un Casini col superturbo, però sappiamo che di questo non si parla: e ha anche venti anni in meno di Casini. Il pelo sullo stomaco di Casini, nel caso di Renzi è una pelliccia di orso”. Quindi, lo definisce Rotondi, è un “supertattico, abilissimo nella politica politicante, non gli ho sentito dire un’idea di paese, una proposta economico-sociale, non lo sento schiantarsi di passione per le ragioni dei lavoratori”. E aggiunge che come uomo di governo ha, nel complesso, un giudizio molto negativo. 

“Lui applica il classico clichè di ritagliarsi uno spazio contro chi comanda, invocando il ‘fuori i vecchi, avanti la nuova leva’. Panorama ha pubblicato un suo articolo sul giornalino scolastico, in cui diceva che, allora democristiano, bisognava rottamare lo stesso segretario Forlani che aveva perso le elezioni del ’92”. E propone un parallelo: “Sostituiamo il Pd alla Dc e Bersani a Forlani: non ha cambiato né le parole né il piglio. Coerenza? Direi poca crescita di cultura politica. Infatti tutta la poetica della rottamazione è una penosa dichiarazione di ignoranza politica, dico solo che al giovanilismo democristiano si è sostituito un ‘largo ai giovani’ che, non a caso, piace più agli ex fascisti che agli ex comunisti”.

E sulla virata di un Pd a trazione Renzi verso i medesimi lidi di altre realtà come sono stati con i dovuti paragoni i Blair, gli Hollande, i Clinton, Rotondi ritiene che lui sia “un ragazzo democristiano, cresciuto a chiacchiere e potere, che ignora cosa sia il laburismo e non gliene frega nulla, al pari di rifondare la sinistra. E se un domani i dualismi della politica lo porteranno in un altro partito, predicherà anche lì rivoluzioni e raccomandazioni”.

Conclude Rotondi: “Lo considero un politico di razza e lo colloco nella razza a cui appartiene: cioè il giovanile democristiano. Non è certo il rifondatore della sinistra italiana”.

 

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