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Europa e Ocse consigliano Letta di abbattere il debito pubblico

La campagna d’Europa del premier Enrico Letta, che in poche ore l’ha portato a Berlino, Parigi e Bruxelles, si avvia a conclusione con molte incognite e una certezza: l’Italia non ha chance di uscire dalla crisi se non abbatte il proprio debito pubblico.

A ribadire questo concetto è stata l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che in un rapporto diffuso oggi ha definito la riduzione dei crediti italiani una “priorità.
Con un rapporto debito/Pil vicino al 130% e senza un piano di ammortamento del debito particolarmente pesante”, – scrive nella sua analisi l’organizzazione internazionale – il Paese “rimane esposto ai cambiamenti improvvisi dell’umore dei mercati finanziari.

Nel suo rapporto sull’economia italiana, l’Ocse considera il debito un macigno sul Paese, che spinge di nuovo al ribasso le stime sul Pil per il 2013, con una contrazione dell’1,5%, contro il -1% previsto nelle previsioni del novembre scorso.
Il ritorno alla crescita non è previsto prima del 2014, per cui l’organizzazione stima un +0,5%; cifre che non lasciano ben sperare in una ripresa celere.

A chiedere un vigoroso intervento sul debito pubblico italiano è stato anche dal presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, che nel corso del suo colloquio ufficiale con il presidente del Consiglio a Bruxelles ha detto che l’Unione apprezza “l’impegno di Letta per avere un bilancio in ordine”, ma che “ridurre il debito per l’Italia è una necessità”.

Anche la cancelliera Angela Merkel, durante i colloqui con il premier italiano a Berlino, non ha mancato di sottolineare il mantra tedesco secondo il quale conti pubblici in ordine e crescita non sono inconciliabili, ma anzi, sono legati da un rapporto biunivoco, lasciando intendere che non saranno fatti sconti sulla linea del rigore e che le risorse utili alla ripresa italiana non possono passare da un ulteriore indebitamento.

Letta ha rassicurato i partner sul fatto che l’Italia manterrà gli impegni presi, ma che lo farà a modo suo, con scelte che non riguardano né l’Europa, né la Germania. Il premier non ha però spiegato come, segno che la copertura finanziaria delle tante operazioni per la crescita annunciate dal premier nel suo discorso ai rami del Parlamento non è ancora stata concordata del tutto con il nuovo ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni.

Il titolare del dicastero ha però indicato la strada, che non pare essere quella dei tagli draconiani suggeriti dall’Europa. “Con la crescita – ha detto Saccomanni intervenendo alla presentazione del rapporto Ocse sull’economia italiana – si riduce l’onere del debito. Bisogna rafforzare la produttività e la competitività dell’economia italiana. Il governo – ha aggiunto il ministro – intende proseguire in una strategia orientata alla crescita, coniugando le politiche europee di stabilità con azioni decise per la ripresa dell’attività e dell’occupazione”.

Nessun accenno per il momento a dismissioni o tagli permanenti – come quelli pensati dalla Francia – che abbattano drasticamente il pesante debito italiano. In realtà il tema richiamato dall’Europa e dall’Ocse fa parte di un dibattito, quello intorno a cessioni di società statali o partecipate e immobili dello Stato che ferve anche nel Paese. Molti sono gli economisti e gli intellettuali – dal professore Paolo Savona al pensatoio liberista Istituto Bruno Leoni – che chiedono da tempo un drastico abbattimento dei costi strutturali dello Stato.

La ricetta italiana per uscire dalla crisi rimane dunque per il momento ancora qualcosa di poco chiaro, che prenderà forma solo attraverso il delicato lavoro di verifica della tenuta dei conti pubblici. Ciò che è certo è che l’Italia non chiederà, come Francia e Spagna, di rinegoziare il Fiscal compact, non sforando il rapporto deficit/Pil fissato al 3% e che già quest’anno dovrebbe portare il Paese al pareggio di bilancio.


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