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Andreotti e gli altri leader della Dc: differenze e analogie. Parla Follini

La scomparsa di Giulio Andreotti è una di quelle notizie che segnano lo spartiacque tra una stagione e l’altra della politica italiana, e lo dico io che non sono mai stato tra i suoi seguaci e qualche volta tra i suoi critici“.

È questo il primo commento che l’ex segretario nazionale dell’Udc ed ed senatore del Pd, Marco Follini (nella foto), fa alla morte dell’ex senatore a vita.

Rispetto agli altri capi storici della Democrazia Cristiana – ricorda – era più pragmatico e meno ideologico, aveva un’idea minimalista della politica. Un concetto che noi all’epoca contestavamo, ma che si è rivelato di una certa modernità”.

Parlando del suo terreno culturale, Follini lo descrive come “un grande tradizionalista, con idee radicate nel mondo dei cattolici e della Chiesa, però come tutti gli uomini che si sono formati all’interno di una tradizione millenaria aveva anche una forte curiosità per il mondo moderno”.

Andreotti – crede l’esponente centrista riferendosi alla sua proverbiale verve – ha lasciato un segno profondo con la sua ironia, un segno più profondo lasciato da molti altri che si sono espressi in modo più diretto, ma meno efficace”.

Ma come si comporterebbe Andreotti oggi, davanti a quest’ondata di malessere sociale? “Era un uomo di altri tempi – chiosa Follini – ed è difficile collocarlo in un mondo così diverso. Una frase, però, ne riassume il modo di essere. Un giorno mi spiegò che preferiva una legge elettorale proporzionale. Quando gli chiesi perché mi rispose che quella legge “era come la pressione bassa: forse faceva girare un po’ la testa, ma ci si risparmiava il coccolone”. Ecco, questa era la sua idea di moderazione, che non valeva solo per la politica”.


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